Venite benedetti del Padre mio.
PRIMA LETTURA: Is 25,6a.7-9
Il Signore eliminerà la morte per sempre.
SALMO: (Sal 24)
Chi spera in te, Signore, non resta deluso.
Oppure:
A te, Signore, innalzo l’anima mia.
SECONDA LETTURA: Rm 8,14-23
Aspettiamo la redenzione del nostro corpo.
«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Mt 25,31-46
Il 2 novembre di ogni anno, in occasione della commemorazione dei fedeli defunti, noi ci domandiamo, più convintamente, sul significato della morte per noi credenti. Di fronte alle scene, anche di morti violenti, alle quali assistiamo quotidianamente attraverso i media, al punto tale che ci stiamo abituando anche alla morte nella pluralità del modo di concludersi dei nostri giorni, noi rinnoviamo il nostro perché ed aumentano le nostre domande, specie quando ci troviamo davanti alla tomba dei propri cari, più cari di ogni altro, e ne avvertiamo la mancanza, la privazione e la nostalgia. Nasciamo, cresciamo e moriamo, per vivere una vita più piena e duratura che va oltre il tempo, la natura, la creatura, tutto ciò che essere per un tempo limitato, rispetto ad un essere per l’eternità. La spiegazione più piena della nostra morte, come cristiani, è quella che troviamo nella morte in croce del Figlio di Dio, nostro Signore Gesù Cristo, che ha donato la vita per l’umanità per riscattarci da una morte più terribile che è quella eterna e definitiva. Con la sua morte e soprattutto con la sua risurrezione dai morti comprendiamo il morire di ogni cristiano che alla luce della fede, sa benissimo, come ci ricorda la teologia, la dogmatica, la dottrina e la liturgia dei novissimi (morte, giudizio, inferno e paradiso) che il morire non è la conclusiva di una vita, ma l’inizio di una nuova vita, che avrà la piena e completa risurrezione nel giudizio universale e nel secondo Avvento di Dio sulla terra quando verrà a giudicare i vivi e i morti ed anche i nostri corpi mortali risorgeranno trasformati in una vita senza fine. Intanto, siamo convinti che l’anima immortale, con la morte del corpo, potrà aver la visione immediata di Dio, nella gloria del Paradiso se ha operato bene nella sua vita terrena, altrimenti dovrà purificarsi nel Purgatorio e se, malauguratamente avesse commesso peccati gravissimi, senza mai pentirsi, il destino eterno dell’Inferno non può che preoccupare seriamente. La consapevolezza che esista una vita oltre la morte è un dato di fede e per certi versi anche di scienza e di ragione, in quanto a ben riflettere la vita dell’uomo non può, per la bellezza che racchiude, concludersi nella tomba, in un loculo del cimitero oppure in una cassetta compatta in cui si raccolgono le ceneri dopo la cremazione.
Il profeta Isaia, nella prima lettura della seconda messa, dice cose stupende su quello che ci attende dopo la morte, anche se il testo biblico si riferisce, ad altre situazioni che ha vissuto il popolo santo di Dio: “Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza”.
Replica l’apostolo Paolo, nel brando della sua lettera ai Romani (II Messa di oggi), con parole di incoraggiamento ed aperte alla speranza che diventa certezza di tempi davvero migliori, in quella prospettiva dell’eternità che guida saggiamente l’Apostolo delle genti quando scrive in merito alla vita eterna: “Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio”.
La vita eterna, come ben cogliamo dal testo del Vangelo di Matteo certamente ha due strade, quella della salvezza e quella della perdizione. Non è a senso unico, in quanto per imboccare la strada giusta, bisogna vivere nella carità ed essere dalla parte di chi è in necessità. Si va in paradiso donando la per amore e mettendosi a servizio degli ultimi e dei bisognosi: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”…. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Quando non si vede il volto di Cristo nel volto del fratello che è in necessità, non c’è possibilità di godere della felicità eterna. Chi è chiuso nel suo e non sa scorgere la presenza di Dio in situazioni di necessità come può far parte di un’eternità beata?