Abbiamo trovato il Messia.
PRIMA LETTURA: 1Gv 3,7-10
Chiunque è stato generato da Dio non commette peccato.
SALMO: (Sal 97)
Tutta la terra ha veduto la salvezza del Signore.
Oppure:
Gloria nei cieli e gioia sulla terra.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che tradotto, significa maestro – dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro».
Oggi, il Vangelo ci ricorda le circostanze della vocazione dei primi discepoli di Gesù. Per prepararsi alla venuta del Messia, Giovanni e il suo compagno Andrea avevano ascoltato e seguito per un certo tempo il Battista. Un bel giorno, lui indica Gesù con il dito e lo chiama Agnello di Dio. Immediatamente, Giovanni e Andrea capiscono: il Messia atteso è Lui! E lasciando il Battista, incominciano a seguire Gesù.
Il testo di Giovanni si sviluppa dentro un gioco di sguardi e di parole non comprese: prima Giovanni Battista fissa lo sguardo su Gesù, dopo è Gesù stesso che fissa lo sguardo su Simone. E dentro quegli sguardi ci sono parole oscure: Giovanni Battista dice che Gesù è l’agnello, una metafora audace, che forse avrà generato nei discepoli ricordi antichi, ma certamente non sono ancora pronti a comprendere perché Gesù sia l’agnello di Dio.
Così come è altrettanto difficile per Simone accettare di essere chiamato pietra; probabilmente Simone si è accorto forse che quella parola toccava un aspetto profondo della sua vita. Comunque sia, l’agnello e la pietra sono parole che evocano qualcosa che non è ancora chiaro.
Mettersi a cercare vuol dire lasciarsi spingere da parole che non sono ancora del tutto comprese. Chi pretende di partire solo quando la strada è completamente sgombra e lineare probabilmente non si muoverà mai. Per strapparci al nostro immobilismo, Gesù ci invita a riconoscere il nostro vuoto, quello che non abbiamo.
Quest’assenza prende anche il nome di desiderio. Ci mettiamo a cercare perché desideriamo qualcosa che non possediamo ancora: e siccome Dio non possiamo mai possederlo, non possiamo fare altro che cercarlo ancora, continuamente. Nel Vangelo, Gesù rivolge spesso questa domanda: cosa cerchi? Cosa vuoi che io ti faccia? Vuoi guarire? Il desiderio di Gesù è dare una risposta al vuoto che ci abita.
L’essenza della vita cristiana è lasciarsi guardare da Gesù, andare e vedere dove abita, stare con Lui e condividere. E, dopo, annunciarlo. Questo è il cammino e il processo che hanno seguito i discepoli e i santi. È il nostro cammino.