Voi che mi avete seguito, riceverete cento volte tanto.
PRIMA LETTURA: Pr 2,1-9
Inclina il tuo cuore alla prudenza.
SALMO: (Sal 33)
Gustate e vedete com’è buono il Signore
«In quel tempo, Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».
Mt 19,27-29
Tutta la Chiesa oggi rivolge lo sguardo ai secoli passati per ricordare la figura del Patriarca dei Monaci d’Occidente, che oltre 1500 anni fa iniziò la sua missione di vita eremitica, prima, e poi cenobitica. I monasteri che si ispirano alla sua Regola si diffondono in tutta l’Europa che viene evangelizzata per opera dei monaci. Mentre l’Impero romano cadeva sotto i colpi delle invasioni dei popoli nordici, San Benedetto istituiva i suoi monasteri dove gli stessi barbari, accolti e ammansiti, si facevano apostoli presso i loro connazionali…
«Allora Pietro prendendo la parola disse: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?”».
Vogliamo leggere questa solenne dichiarazione di Pietro nel solco della luminosa vicenda di san Benedetto (480-547). La sua vita si svolge in un periodo assai inquieto, segnato dalla fine dell’impero romano. Si chiude un’epoca più che millenaria e si apre un orizzonte che presenta non poche oscurità. Benedetto nasce in una famiglia benestante e avrebbe avuto la possibilità di fare una brillante carriera nella società civile. Egli, invece, fin dalla prima giovinezza fu attratto da Dio e scelse di vivere da eremita. Durante questi anni di silenzio e di preghiera, comprese e fortificò la sua vocazione. Chi sa stare dinanzi a Dio riceve sempre la luce. Benedetto decide di lasciare tutto per seguire Cristo, rinuncia ad ogni legittimo desiderio per mettersi al servizio del Vangelo. Da quel momento la sua unica ambizione è quella di far risplendere la gloria di Dio. La sua testimonianza non resta isolata ma attira discepoli sempre più numerosi. Nasce così una nuova comunità monastica che ben presto diventerà un essenziale punto di riferimento nella vita ecclesiale e darà un contributo fondamentale per l’evangelizzazione del continente europeo. Proclamandolo Patrono d’Europa (1964), Paolo VI riconosce il ruolo esercitato dal monachesimo benedettino lungo i secoli e invita tutti a ricorrere alla sua intercessione, quanto mai necessaria nella nostra epoca che vive un periodo di grandi rivolgimenti.
San Benedetto non poteva sapere qual sarebbe stato il frutto del suo lavoro ma sapeva che al principio di tutto c’è Dio. Chi si fida di Dio e si preoccupa di rispondere alla sua chiamata, non solo si trova immerso in una storia grande e luminosa ma diventa anche uno dei protagonisti di quella civiltà che rende più umana la vita. Contemplando i santi possiamo intuire la strada; e affidandoci alla loro intercessione, possiamo più rapidamente e fedelmente camminare nelle vie di Dio. Per vivere in questa luce, oggi chiediamo la grazia di allontanare con decisione tutto ciò che intralcia il cammino verso Dio.
L’umanissimo Pietro,quindi, dà voce a quelle umanissime domande che delle volte attraversano la testa e il cuore e non troviamo il coraggio di dire ad alta voce. Qual è la vera contropartita nel seguire Gesù?
«Gesù disse loro: “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”».
La prima cosa che Gesù promette è la possibilità di giudicare. Vorrei cogliere da queste parole tutta una portata esistenziale, prima ancora che teologica. Giudicare significa valutare, dare un significato concreto alle cose. Gesù è colui che ci porta a saper chiamare le cose con il loro vero nome, a pesarle per ciò che sono davvero. Poi aggiunge che ogni cosa lasciata sarà centuplicata, spalancando davanti a noi un orizzonte inedito.
Infatti noi siamo quasi sempre spaventati dal lasciare qualcosa. Le mancanze sono le ferite che molto spesso guidano e distorcono la nostra vita. Gesù ci dice che se scegliamo di donare qualcosa senza subire quella scelta, sperimentiamo un aumento di vita pari al cento per uno. Ma se non doniamo con libertà qualcosa allora quella mancanza diventa frustrazione e invece di diventare il cento per uno di vita diventa il cento per uno di infelicità. Forse per questo leggiamo nella parola di Dio un dettaglio che non dovremmo mai dimenticare: «Il Signore ama chi dona con gioia».
Infatti il problema non è semplicemente quello di donare, ma di imparare a farlo con gioia. E la gioia non si può simularla, o c’è o non c’è. Solo chi sceglie liberamente sperimenta gioia, ma chi si sente costretto non riesce mai ad essere felice delle proprie scelte.