L’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.

PRIMA LETTURA: 1Gv 1,1-4

Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi.

SALMO: (Sal 96)

Gioite, giusti, nel Signore.

«Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.

Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario –  che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.

Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette».  

Gv 20,2-8

Nella notte in cui Gesù nacque a Betlemme gli angeli annunziarono ai pastori la nascita del Messia. Andarono in città per cercare il bambino tra le stalle di Betlemme lì dove gli angeli avevano indicato la presenza del Salvatore. Il giorno di Pasqua Maria Maddalena porta un annuncio sconvolgente a Pietro e al discepolo amato.

Come i pastori anche gli apostoli si mettono in cammino, anzi corrono. Sia l’annuncio degli angeli che quello della Maddalena contiene un mistero che spinge a uscire per mettersi in cammino. Nell’evento del Natale la grandezza dell’annuncio della nascita del Messia si coniuga con l’umiltà del segno, un bambino adagiato in una mangiatoia, avvolto in fasce. Nel giorno di Pasqua invece allo stupore del sepolcro vuoto si aggiunge lo sgomento di non sapere dove sia il corpo di Gesù.

In entrambi i casi l’annuncio viene accolto e da lì parte un cammino di ricerca. La fede è una forza motrice che spinge a ricercare la verità senza aspettare che essa ci raggiunga in qualche modo come calata dall’alto. La fede richiede un’operazione di verifica ovvero la necessità di non fermarsi alle proprie idee o congetture ma a trasformarle in concreta esperienza di vita.

Non si tratta solamente di ricostruire i fatti per verificarne l’attendibilità o per trovare il colpevole da condannare, ma di cogliere l’essenza delle esperienze, le più dolorose come quelle più gioiose, al di là della pelle dell’apparenza. Nel cammino della fede gradualmente si rivela il mistero di Dio.

S’inizia a cercare dov’è Gesù e si giunge al cuore della fede che è l’esperienza di comprendere e sentire com’è Gesù. Le bende e il sudario, privi di un corpo da contenere, con la loro inutilità raccontano il mistero della libertà. Il corpo che essi avvolgevano non è più lì, non è più come lo avevano conosciuto. Gesù non è più lì perché è un corpo tutto donato.

Le bende nella grotta di Betlemme rivelano il pieno coinvolgimento di Dio nelle vicende dell’uomo mentre le bende della grotta sepolcrale di Gerusalemme annunciano che Gesù ha amato i suoi fino a donarsi tutto per loro. Le bende e il sudario più che segnalare un’assenza invitano a credere nella risurrezione di Gesù cioè il modo nuovo con cui egli continua a vivere.

Gesù vive in coloro che credendo in Lui accolgono la sua parola e si nutrono del suo corpo. Gesù non è lì dove noi vogliamo che sia, nella sazietà dei nostri bisogni, nell’accondiscendenza delle nostre attese, ma è nell’uomo che si nutre di Lui e vive come Lui, pane spezzato e donato a tutti.

Oggi, la liturgia celebra la festa di san Giovanni, apostolo ed Evangelista. Il giorno dopo Natale, la Chiesa celebra la festa del primo martire della fede cristiana, santo Stefano, e, al giorno successivo, la festa di san Giovanni, colui che meglio e più profondamente penetra nel mistero del Verbo incarnato, il primo “teologo” e modello di ogni vero teologo. Il passaggio del suo Vangelo che viene oggi presentato, ci aiuta a contemplare il Natale dalla prospettiva della Risurrezione del Signore. Infatti, Giovanni, arrivato al sepolcro vuoto, «vide e credette» (Gv 20,8). Fiduciosi nel testimonio degli Apostoli, noi ci sentiamo mossi, ogni Natale a “vedere” e “credere”.

Uno può rivivere questi stessi “vedere” e “credere”, riflettendo sulla nascita di Gesù, il Verbo incarnato. Giovanni, mosso dalla intuizione del suo cuore – e dovremmo aggiungere, mosso dalla “grazia” – “vede” più in là di quanto i suoi occhi, in quel momento, possano arrivare a contemplare. In realtà, se lui crede, lo fa senza “aver visto” ancora Cristo, per cui c’è lì implicita una lode per quelli che «non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20,29), lode con la quale finisce il vigesimo capitolo del suo Vangelo.

Pietro e Giovanni “corrono” insieme verso il sepolcro, ma il testo ci dice che Giovanni «corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro» (Gv 20,4). Sembra che Giovanni fosse mosso più dal desiderio di trovarsi nuovamente accanto a Chi egli amava –Cristo- che stare solo fisicamente accanto a Pietro, di fronte al quale, tuttavia, -con il gesto di aspettarlo, perché fosse questi ad entrare per primo nel sepolcro- prova che è Pietro chi ha il primato nel Collegio Apostolico. Comunque, il cuore ardente, colmo di zelo, traboccante d’amore di Giovanni è ciò che lo porta a “correre” e “avanzare”, in un chiaro invito perché anche noi viviamo ugualmente la nostra fede con questo desiderio così ardente di ritrovare il Risuscitato.