Se il chicco di grano muore, produce molto frutto!
PRIMA LETTURA: 2Cor 9,6-10
Dio ama chi dona con gioia.
SALMO: (Sal 111)
Beato l’uomo che teme il Signore.
«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.
Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».
Gv 12,24-26
Oggi la Chiesa —mediante la liturgia eucaristica che celebra il martire romano San Lorenzo— ci ricorda che «c’è una testimonianza di coerenza che ogni cristiano deve essere disposto a dare ogni giorno, anche a costo di sofferenze e di grandi sacrifici» (Giovanni Paolo II).
I santi sono stelle che brillano per darci speranza. Essa non è riposta nei beni di questo mondo, ma nel cuore di Dio lì dove è custodita la promessa della vita eterna per noi riservata. Guardando i santi eleviamo lo sguardo verso il cielo perché il nostro desiderio coincida con il sogno di Dio.
I santi sono l’eco della Parola di Dio e nella loro vita è possibile rintracciare la Sua presenza; Egli ci viene incontro. La visione delle stelle cadenti ci ricorda che la Luce è «caduta» nel mondo. Gesù, parlando di sé e della missione d’amore ricevuta dal Padre, usa l’immagine della luce e del chicco di grano caduto in terra. Come la stella «cade» nel buio e il chicco di frumento «muore» nella terra, così Gesù serve l’uomo offrendo per lui la sua vita.
La luce di Gesù svela l’illusione di Satana che tenta l’uomo perché ami la sua vita concentrandosi e centrandosi su di sé. Non si ama colui che pensa solo a sé stesso chiudendosi nel suo isolamento. Non si ama colui che si serve degli altri. Amare la propria vita significa farne un dono. Il vivere è un dono che si riceve solamente amando e l’amare è un’arte che s’impara solamente servendo.
Come la luce che scende dal cielo e come il chicco che dalla mano del seminatore cade nella terra, Dio, facendosi servo per amore, traccia la strada sulla quale seguirlo.
Al contrario di Satana, che tenta Gesù mostrandogli tutti i regni della terra e promettendo di darglieli in cambio della sottomissione a lui, Dio, come fa con Abramo, invita a guardare il cielo e a contare le stelle, cioè a desiderare in grande. Dio non esige nulla in cambio del dono, ma indica nel servizio generoso e gioioso la strada dell’amore per raggiungere la stella della nostra vita.
La legge morale è santa e inviolabile. Questa affermazione, certamente, contrasta con l’ambiente relativista che impera nei nostri giorni, dove con facilità ognuno di noi adatta le esigenze etiche alla propria comodità personale o alle proprie debolezze. Non sentiamo nessuno che dica: —Io sono immorale; —Io sono incosciente; —Io sono un bugiardo… Qualsiasi persona che dicesse ciò si squalificherebbe immediatamente.
Ma la domanda definitiva sarebbe: di quale morale, di quale coscienza e di quale verità stiamo parlando? È evidente che la pace e la sana coesistenza sociale non possono basarsi su una “morale alla carta”, dove ognuno va dove gli pare, senza tener conto delle inclinazioni e delle aspirazioni che il Creatore ha disposto nella nostra natura. Questa “morale”, lontano dal condurci per «il giusto cammino» verso i «pascoli erbosi» che il Buon Pastore desidera per noi (cf. Sal 23,1-3), ci spingerebbe inevitabilmente verso le sabbie mobili del “relativismo morale”, dove assolutamente tutto si può negoziare e giustificare.
I martiri sono testimoni inappellabili della santità della legge morale: ci sono esigenze di amore fondamentali che non ammetteranno mai eccezioni né adattamenti. Infatti, «nella Nuova Alleanza si trovano numerose testimonianze di seguaci di Cristo che (…) accettarono le persecuzioni e la morte anziché fare il gesto idolatrico di bruciare incenso davanti alla statua dell’Imperatore» (Giovanni Paolo II).
Nell’ambiente della città di Roma sotto l’imperatore Valeriano, il diacono «san Lorenzo amò Cristo nella vita, imitò Cristo nella morte» (Sant’Agostino). Ed è successo sempre più spesso che «chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25). La memoria di san Lorenzo, fortunatamente per noi, rimarrà per sempre come un esempio che che per seguire Cristo vale la pena dare la vita, anziché ammettere frivole interpretazioni del suo cammino.