La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.

PRIMA LETTURA: 2Tm 4,10-17b

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Timòteo.

SALMO: (Sal 144)

I tuoi santi, Signore, dicano la gloria del tuo regno.

«In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.

In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Lc 10,1-9.

Oggi nella festa di San Luca –l’Evangelista della mitezza di Cristo-, la Chiesa proclama questo Vangelo nel quale si presentano le caratteristiche centrali dell’apostolo di Cristo.

Nel brano odierno il Signore ci fornisce alcune regole che devono contraddistinguere ogni missionario, ovvero ogni cristiano che in quanto tale non può che essere missionario.

La prima regola è la preghiera perché il Signore mandi nuovi missionari; l’essere missionario non è un incarico esclusivo, un privilegio di pochi eletti, ma un compito di ogni cristiano, e più siamo più la nostra azione è efficace per l’avvento del regno di Dio.

La seconda regola è l’essenzialità; ciò che attrae il prossimo è la nostra umanità, non gli strumenti che abbiamo.

La terza regola è quella di non essere dispersivi; avere un obiettivo e cercare di portarlo a termine.

La quarta è la riconoscenza nei confronti di chi accoglie. La quinta regola è la profondità; il missionario cerca di avere rapporti autentici che coinvolgono la vita nella sua interezza, non rapporti superficiali e poco significativi.

L’apostolo è, in primo luogo, chi è stato chiamato dal Signore, designato da Lui, al fine di essere inviato in suo nome: è Gesù che chiama chi Lui vuole per affidargli una missione concreta! «Il signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10,1).

L’apostolo, dunque, per essere stato chiamato dal Signore, è anche, quello che dipende completamente da Lui. «Non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermativi a salutare nessuno lungo la strada» (Lc 10,4). Questa proibizione di Gesù ai suoi discepoli indica, soprattutto, che loro devono lasciare nelle sue mani quello che è più essenziale per vivere: il Signore, che veste i gigli dei campi e provvede ad alimentare gli uccelli, vuole che il suo discepolo cerchi, in primo luogo, il Regno dei Cieli e «Non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno» (Lc 12, 29-30).

L’apostolo è, inoltre, chi prepara il cammino del Signore, annunciando la sua pace, guarendo i malati ed esprimendo, così, la venuta del Regno. Il compito dell’apostolo è, dunque, centrale nella Chiesa e per la vita della Chiesa, perché da essa dipende la futura accoglienza al Maestro tra gli uomini.

La migliore testimonianza che ci può offrire la festa di un Evangelista, di uno che ha narrato la Buona Novella, è di renderci più consapevoli della dimensione apostolica-evangelizzatrice della nostra vita cristiana.