Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.

PRIMA LETTURA: At 18,1-8

Paolo si stabilì in casa loro e lavorava, e discuteva nella sinagoga.

SALMO: (Sal 97)

Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

Oppure:

La tua salvezza, Signore, è per tutti i popoli.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

«In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».

Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».

Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».

Gv 16,16-20

Oggi, contempliamo di nuovo la Parola di Dio con l’aiuto dell’evangelista Giovanni. In questi ultimi giorni di Pasqua sentiamo una speciale inquietudine per far nostra questa Parola e capirla. La stessa inquietudine dei primi discepoli, che si esprime profondamente nelle parole di Gesù — «Ancora un poco e non mi vedrete; un po’ ancora e mi vedrete» (Gv 16,16) — concentra la tensione delle nostre apprensioni sulla fede, nella ricerca di Dio nella nostra vita quotidiana.

«Che cosa è questo “un poco”?» i discepoli discutono tra loro sul significato delle parole di Gesù che hanno il sapore di un annuncio. Non riescono a comprendere il nesso tra i due tempi, quello dell’assenza e il momento della sua visione. In realtà, dopo la Pasqua il riferimento appare più chiaro. La morte e la risurrezione sono i due eventi a cui Gesù allude. L’ora della morte è vicina, il tempo si è fatto breve. Ma il messaggio non vuole solo dichiarare l’imminenza e la ineluttabilità della morte, come se fosse l’ammonimento del «memento mori». Il cuore dell’annuncio sta nel fatto che non la sua vita ma la sua morte ha le ore contate. Il nascondimento della morte si racchiude in «un poco» che a sua volta si schiude all’eternità della vita. Il distacco è una separazione momentanea che prepara non solo un nuovo incontro ma un incontro nuovo, ovvero una relazione rinnovata.

Il discepolo di Gesù corre il rischio di scindere la fede dalla vita e «vedere» la sua esistenza senza scorgere in essa la presenza di Dio. Questo accade quando amiamo particolarmente ed entriamo in una forte comunione con gli altri facendoci carico della loro sofferenza. Quanto più empaticamente entriamo in contatto con i fratelli e le sorelle tanto più notiamo il contrasto tra chi soffre per i vari problemi della vita e chi invece sembra condurne una spensierata e allegra, o almeno così ci appare. Gesù ci offre una lettura diversa delle cose che ha la pretesa di essere credibile. Infatti, chi più di Lui sa cosa significa soffrire e morire ingiustamente?

Egli si è unito a tutte le vittime del mondo di ogni luogo e di ogni tempo per infondere loro fiducia, consolazione e speranza. Le offre innanzitutto ai suoi discepoli che gemono e soffrono insieme ai poveri della terra perché essi possano donarle a loro volta. Lo Spirito Santo, che ha risuscitato Gesù dai morti, infonde in noi la stessa carità di Cristo che, condivisa insieme al dolore dei fratelli, trasforma la tristezza in gioia, lo sconforto in speranza.

I cristiani di oggi sentiamo la stessa urgenza che i cristiani del primo secolo. Vogliamo vedere Gesù, sentiamo la necessità di percepire la sua presenza in mezzo a noi, per rinforzare la nostra fede, speranza e carità. Per questo, ci provoca tristezza pensare che Lui non sia tra di noi, che non possiamo sentire e palpare la sua presenza, sentire e ascoltare la sua parola. Però questa tristezza si trasforma in profonda allegria quando avvertiamo la sua presenza sicura tra di noi.

Questa presenza, così ce lo ricordava Giovanni Paolo II nella sua ultima Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, si concreta —specificamente— nell’Eucaristia: «La Chiesa vive dell’Eucaristia. Questa verità non esprime solamente una esperienza quotidiana di fede, ma in sintesi rinchiude anche il nucleo del mistero della Chiesa. Questa sperimenta con allegria come si realizza continuamente, in molteplici forme la promessa del Signore: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). (…) L’Eucaristia è mistero di fede e, allo stesso tempo, “mistero di luce”. Ogni volta che la Chiesa la celebra, i fedeli possono rivivere in qualche modo, l’esperienza dei due discepoli di Èmmaus: «Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24,31).