Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
PRIMA LETTURA: At 8,26-40
Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?
SALMO: (Sal 65)
Acclamate Dio, voi tutti della terra.
Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
«In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Gv 6,44-51
Dall’ascolto alla visione, dalla visione all’azione: questo sembra essere l’itinerario vocazionale indicato da Gesù ai suoi discepoli. Essi sono chiamati innanzitutto a disporsi nella condizione di lasciarsi istruire da Dio. Prima di ricevere il pane e i pesci, la folla si era seduta sull’erba come gli alunni fanno per ascoltare la lezione del maestro. Quella di Dio è una scuola di vita nella quale l’intelligenza e la volontà, i due pilastri su cui si fonda la libertà personale, sono educate a mettersi al servizio non di sé stessi ma della relazione con gli altri. L’ascolto educa alla visione che raggiunge il suo vertice nella contemplazione, ovvero nell’assumere lo stesso sguardo di Gesù verso il Padre e che Dio verso l’uomo.
Lo sguardo di un bambino verso i suoi genitori mentre li ascolta, o quello dell’innamorato verso la sua amata, traducono plasticamente il significato della contemplazione. È un modo di vedere, libero da ogni forma di malizia e avidità, paragonabile all’esperienza che si fa nell’abbandonarsi senza paura alle onde del mare o nell’affidarsi docilmente alle attenzioni di chi si sta prendendo cura di noi. L’ascolto della parola di Dio illumina gli occhi della mente e del cuore per riconoscere Dio e la sua presenza amorosa nella vita e affidarci con umiltà alle sue cure. Dio educa all’amore non per costrizione ma per attrazione.
Prima che al senso del dovere la fede ci forma a quello del piacere attraverso la gioiosa esperienza di essere amati gratuitamente e per sempre. Il bene non nasce dal dover essere, ma si declina in opere buone se matura in un cuore che, ascoltando Dio, è attirato dal suo amore. Il sapere di essere amati ci spinge a far conoscere agli altri questa grande verità.
Sulle sponde del lago di Tiberiade Dio ha impartito una lezione a tutti coloro che hanno visto i gesti di Gesù e poi si sono saziati dei pani e dei pesci distribuiti da lui. Gesù sembra porre la domanda a chi lo ascolta e ha visto il segno: hai compreso ciò che è accaduto e il messaggio che Dio ti ha dato? L’esperienza dei padri nel deserto insegna che si può prendere il pane e mangiarlo, e fermarsi lì, salvo poi cercare ancora il modo con cui saziarsi gratuitamente. Questo modo di vivere i sacramenti è un peccato, cioè è uno spreco inutile, perché conduce alla morte e non alla vita. Il peccato non è quello che ci rende indegni di accostarci alla mensa eucaristica, ma è ciò che ci rende impuri se abbiamo ricevuto l’Eucaristia senza il desiderio di crescere nell’intimità con Dio e nella comunione fraterna. Possiamo verificare che stiamo crescendo nella fede e che stiamo camminando sulla via della vita se la grazia che riceviamo l’accogliamo con gratitudine dalle mani di Dio e la trasformiamo in carità che consegniamo nelle mani dei fratelli.
Oggi, cantiamo al Signore da cui ci viene la gloria e il trionfo. Il Risuscitato si presenta alla sua Chiesa con quel «Io sono colui che è» che lo identifica come fonte di salvezza: «Io sono il pane della vita» (Gv 6,48). Nell’atto di ringraziamento, la comunità riunita intorno al Vivente lo riconosce amorosamente e accetta il precetto di Dio, riconosciuto ora come l’insegnamento del Padre. Cristo, immortale e glorioso, ci ricorda nuovamente che il Padre è l’autentico protagonista di tutto. Coloro che lo ascoltano e credono vivono in comunione con chi proviene da Dio, l’unico che lo ha visto, così la fede è il principio della vita eterna.
Il pane vivo è Gesù. Non è un alimento che assimiliamo in noi, bensì ci assimila. Lui ci fa avere fame di Dio, sete di ascoltare la sua Parola, che è gioia e allegria del cuore. La Eucaristia è l’anticipo della gloria celeste: «Spezziamo lo stesso pane, che è rimedio di immortalità, antidoto per non morire e per vivere per sempre in Cristo» (San Ignazio di Antiochia). La comunione con la carne del Cristo risorto ci deve abituare con tutto quello che scende dal cielo, ossia, a chiedere, a ricevere e assumere la nostra vera condizione: siamo fatti per Dio e solo Lui sazia pienamente il nostro spirito.
Però questo pane vivo non solo ci farà vivere un giorno, oltre alla morte fisica, bensì ci è dato ora «per la vita del mondo» (Gv 6,51). Il proposito del Padre, che non ci ha creato per morire, è legato alla fede e all’amore. Vuole una risposta attuale, libera e personale alla sua iniziativa. Ogni volta che mangiamo di questo pane, addentriamoci nell’amore stesso! Già non viviamo per noi stessi, già non viviamo nell’errore. Il mondo è ancora bello perché c’è chi continua ad amarlo fino all’estremo, perché esiste un Sacrificio del quale si beneficiano persino quelli che lo ignorano.