Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte.
PRIMA LETTURA: Rm 14,7-12
Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore.
SALMO: (Sal 26)
Contemplerò la bontà del Signore nella terra dei viventi.
«In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Lc 15,1-10
Oggi, l’evangelista della misericordia di Dio ci presenta due parabole di Gesù che mettono in rilievo la condotta divina verso i peccatori che ritornano sul buon cammino. Con l’immagine così umana dell’allegria ci svela la bontà di Dio che si compiace del ritorno di chi si era allontanato dal peccato. È come far ritorno alla casa del Padre (come dirà più esplicitamente in Lc 15,11-32. Il Signore non venne a condannare il mondo, ma a salvarlo (cf. Gv 3,17), e lo fece accogliendo i peccatori che con piena fiducia «si avvicinavano a Gesù per ascoltarLo» giacché Lui curava loro l’anima come un medico cura il corpo degli ammalati (cf. Mt 9,12). I farisei si consideravano buoni e non sentivano il bisogno del medico, ed è per loro –dice l’evangelista- che Gesù propose le parabole che oggi leggiamo.
Se noi ci sentiamo spiritualmente ammalati, Gesù ci assisterà e si rallegrerà per essere ricorsi a Lui. Se, invece, come gli orgogliosi farisei, credessimo di non aver bisogno di chiedere perdono, il Medico divino non potrebbe attuare in noi. Dobbiamo riconoscerci peccatori ogni volta che recitiamo il Padrenostro, giacché in esso diciamo «perdona i nostri peccati…». E quanto dobbiamo esserGli riconoscenti del suo perdono! Quanta gratitudine dobbiamo avere pure del sacramento della riconciliazione che ha messo a portata di mano così compassionevolmente! Che la superbia non ce lo faccia disdegnare. Sant’Agostino ci dice che Gesù Cristo, Dio-Uomo ci diede esempio di umiltà per guarirci dal “tumore” della superbia, giacché grande miseria è l’uomo superbo, ma ancora più grande misericordia è Dio umile».
Diciamo ancora che la lezione che Gesù dà ai farisei risulta esemplare anche per noi; non possiamo allontanare da noi i peccatori. Il Signore vuole che ci amiamo come Lui ci ha amato (cf. Gv 13,34) e dobbiamo sentire una gioia enorme quando possiamo riportare all’addiaccio una pecora sbandata o ricuperare una moneta smarrita.