Dopo di me verrà uno che è prima di me.
Quello che avete udito da principio rimanga in voi.
SALMO: (Sal 97)
Tutta la terra ha veduto la salvezza del Signore.
«Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando».
Gv 1,19-28
Il Battista risponde alle domande sulla sua identità sempre con un no: non è il Cristo, non è Elia, non è il profeta atteso. Non è la Luce, ma si è lasciato illuminare da essa. Non è la Parola, ma ne è la voce. Gesù non è ancora famoso e Giovanni già lo pone davanti a sé, spostando l’attenzione dalla sua persona a quella del Cristo. Da un lato vuole portare a compimento con decisione la sua missione, senza nulla concedere ai suoi detrattori, dall’altro sa stare al suo posto.
Oltre a riflettere su quanto ha potuto fare con la sua testimonianza, è bene fermarsi, dunque, su quanto non ha fatto. Giovanni non è caduto nella tentazione di usare la chiamata del Signore a suo vantaggio. Non ha preteso di essere qualcuno. Non è inciampato nel rischio di usare la parola profetica dell’Antico Testamento per avvalorare le proprie idee, più che farsi plasmare da essa e servirla. Si è fatto strumento senza strumentalizzare. Ha vigilato su sé stesso, per non mettersi mai prima di Dio. E questo non è facile.
Chi si impegna in una vita di fede seria può sperimentare, talvolta, la sottile tentazione di decidere e fare da sé, dando per scontato di sapere tutto sui pensieri di Dio, ma senza interpellarlo veramente. È soprattutto la routine ad impedirci di interrogarci, se ci facciamo strumenti o se strumentalizziamo i doni del Signore, la Scrittura, le responsabilità ricevute, per ingrassare il nostro ego, che, nascosto sotto tanti ragionamenti, si fa strada quasi a nostra insaputa.
Essere testimoni comporta grande fatica: spesso è urlare in mezzo al deserto, parlare a cuori che come il deserto sembrano senza possibilità di vita. Essere testimoni, tuttavia, non comporta solo fatiche, ma anche perseveranza e pazienza nell’annunciare. È questo ciò a cui oggi veniamo spronati: essere testimoni fedeli della – e nella – verità.
Come Giovanni, così noi siamo chiamati a testimoniare la presenza del Signore tra noi con opere e parole. Siamo chiamati ad essere testimoni del suo amore e della gioia che ci dona nella semplicità del quotidiano, preparando la strada dell’incontro con Lui.
Come il Battista, dunque, non scoraggiamoci di fronte alle difficoltà che l’essere testimoni comporta, ma al contrario, consapevoli della nostra limitatezza, del nostro esser piccole gocce d’acqua che cadono nel deserto, facciamoci testimoni dell’avvenuta di Gesù tra noi e lasciamo che attraverso la nostra testimonianza il Signore porti vita.
Giovanni Battista conferma ancora una volta di essere un profeta straordinario, perché mentre afferma con insistenza la sua piccolezza dicendo: io non sono il Cristo, non sono Elia, io non sono nemmeno degno di chinarmi davanti a Gesù per slegargli i sandali, noi però capiamo che lui è una persona inviata da Dio.
Al contrario, attorno a noi, vediamo continuamente persone che si mostrano grandi, ma quando noi guardando a loro comprendiamo che c’è qualcosa che non quadra, nelle cose che raccontano e soprattutto nel loro modo di vivere.
Davvero Giovanni Battista ci lascia una grande lezione di umiltà, ma allo stesso tempo di coraggio. Di umiltà perché nega perfino di essere il profeta, ma anche di coraggio. E lo capiamo da questa domanda: Come mai tu battezzi se non sei il Cristo, né Elia né il profeta? Giovanni ha il coraggio di vivere da santo, ma avendo sempre davanti a sé la propria piccolezza.
Questo dovremmo imparare anche noi da lui: dovremmo osare di vivere da santi, anche se non abbiamo nessun titolo per esserlo.