Lo sposo è con loro.
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì.
SALMO: (Sal 109)
Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
Mc 2,18-22
L’autore della Lettera agli Ebrei riconosce che la messianicità di Gesù consiste nel suo sacerdozio del quale sottolinea prima la solidarietà con gli uomini e poi l’obbedienza a Dio. La solidarietà e l’obbedienza sono le due facce dell’unico sacerdozio di Cristo. Viene instaurato un parallelismo tra il sommo sacerdozio ebraico e il pontificato di Gesù. Il Sommo Sacerdote ebraico aveva fondamentalmente la funzione di intercedere per i peccatori presso Dio al fine di ottenere il perdono dei peccati. Questo avveniva mediante dei sacrifici che il sommo sacerdote offriva per i peccati suoi e di tutto il popolo. La solidarietà del Sommo Sacerdote era basata sul fatto che era uomo e, dunque, peccatore. Il perdono lo chiedeva per sé e per i suoi fratelli. Anche Gesù è nostro fratello perché partecipa della debolezza umana e soprattutto della sofferenza subita ingiustamente.
Le nozze sono un’occasione per fare festa nella quale gli invitati partecipano alla gioia degli sposi. Gesù si manifesta come il Dio sposo che ha organizzato la festa per le sue nozze, simbolo dell’alleanza d’amore stipulata con il suo popolo. Incarnandosi Dio si è unito ad ogni uomo partecipando con lui alla precarietà della condizione mondana. Morendo sulla croce e risorgendo ha fatto di questa unione un matrimonio attraverso il quale ha riscattato l’uomo dal potere della morte e gli ha donato quello della vita eterna. I discepoli di Gesù sono persone dalle quali traspare la gioia di essere con Lui.
Stare con Gesù è sempre una festa perché egli ci fa partecipi della sua gioia, della sua forza, del suo coraggio, della sua sapienza. Se diamo per scontato questa relazione e non coltiviamo l’amicizia con lui, si finisce per non avvertire più la gioia di essere amati, correndo il rischio di sentirsi soli o abbandonati nei momenti della prova. È in questi frangenti della vita che il discepolo di Gesù è chiamato a digiunare, ovvero a sentire anche nel corpo il bisogno di Dio per ravvivare il desiderio di una vera relazione d’amore con Lui e con i fratelli.
La pratica del digiuno non può essere un modo per acquisire meriti davanti a Dio o una forma di ostentazione della propria religiosità per guadagnare l’approvazione degli uomini. Il digiuno è un esercizio che fa parte della ginnastica del desiderio affinché ci si possa preparare all’incontro con l’amato. Digiunare vuol dire rinunciare al narcisismo che ci rende individui anonimi, chiusi nell’isolamento dell’autoreferenzialità. Rinunciando al peccato ci rendiamo disponibili a lasciarci rinnovare dall’azione dello Spirito che mette nel cuore la gioia di amare Dio e di servire i fratelli in letizia.
Non è mai facile mettere insieme il vecchio con il nuovo. I rattoppi rischiano di strappare ancor di più il vestito che si voleva rammendare, così come il vino nuovo rischia di rompere gli otri vecchi in cui lo si vuol versare. E così è anche con Gesù.
La sua venuta, la sua parola, il suo modo di agire sono una sfida per chi gli sta attorno, per chi vuole continuare con le “usanze abituali”. E quindi anche il digiuno viene messo in discussione: come si fa a digiunare quando lui è presente? Come si fa a non fare festa quando Gesù celebra la benevolenza del Padre nelle relazioni, nel banchetto, nella vita fraterna? Ci sarà il momento, ma – dice Gesù – non è ora.
Quante volte anche noi rischiamo di imporre i nostri canoni al Signore, quasi costringendolo nelle nostre abitudini… magari anche buone, ma che con lui, con la sua presenza nella Parola, nei sacramenti e nella fraternità vissuta hanno bisogno di essere rinnovate? Forse ci fa pure paura essere messi così in discussione. Ma è la vita nuova che Gesù è venuto a portare: non ci si può più accontentare di qualcosa che sappia troppo di compromesso. Con Gesù la nostra vita può e deve andare oltre.