Togli prima la trave dal tuo occhio.
PRIMA LETTURA: Gn 12,1-9
Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore.
SALMO: (Sal 32)
Beato il popolo che Dio ha scelto come sua eredità.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Mt 7,1-5
La giustizia di Dio, alla quale l’uomo deve tendere, non è amministrata dal giudice che premia il merito o condanna la colpa, ma dal medico che si prende cura del malato. Dio infatti esercita la sua giustizia quando si piega verso l’uomo per sanarlo. Il fine della vera giustizia è la salvezza, cioè la riconciliazione e la comunione. La trave della presunzione causa una cecità più grave rispetto all’effetto di una pagliuzza nell’occhio che sono i difetti comuni a tutti noi.
Gesù dice: «Non giudicate per non essere giudicati» (Mt 7,1). Ma Gesù aveva detto pure che dobbiamo correggere il fratello che è in peccato, e per ciò è necessario avere fatto prima qualche tipo di giudizio. Lo stesso San Paolo nei suoi scritti giudica la comunità di Corinto e San Pietro condanna di falsità Anania e sua moglie. In seguito a ciò, San Giovanni Crisostomo giustifica: «Gesù non dice che non dobbiamo evitare che un peccatore desista dal peccare, dobbiamo correggerlo, certo, ma non come un nemico che cerca la vendetta, ma come il medico che applica un rimedio». Il giudizio, dunque, sembra che dovrebbe essere con l´ intenzione di correggere, mai con l´ intenzione di vendetta.
Per prendersi cura veramente degli altri è necessario che ci lasciamo curare, soprattutto dal nostro orgoglio, quello che subdolamente si nasconde tra le pieghe di una presunta disponibilità al servizio.
Non di rado confondiamo la giustizia con «il dare lezioni», mentre essa è fondamentalmente l’arte del paziente prendersi cura dell’altro con delicatezza e rispetto.
La trave nell’occhio è dunque l’arroganza con la quale pretendiamo di fare giustizia mettendo in ordine le cose secondo il nostro punto di vista. È come quando entrando in una stanza, in cui ci sono cose che non ci appartengono, la giudichiamo disordinata perché non comprendiamo il principio per il quale esse sono disposte. Gesù stigmatizza il giudizio inteso come imposizione all’altro del proprio ordine delle cose. Chi giudica non s’incarica di capire l’altro, con la sua storia, i suoi principi, la sua visione della vita, i suoi valori, le sue aspirazioni. Chi giudica non s’interessa dell’altro, ma dei suoi fatti e si arroga il diritto di intervenire con valutazioni, giudizi, consigli e soluzioni senza preoccuparsi di ascoltarlo.
L’uomo che mantiene la sua trave nell’occhio vede il mondo in bianco e in nero; divide le persone tra cattive (la maggioranza) e buone (una sparuta minoranza). L’ipocrita tende a giudicare gli altri per nascondere le proprie fragilità. Da qui l’invito di Gesù a lasciarsi guarire per poter essere benevolo con se stessi, senza necessariamente trovare delle giustificazioni, e misericordioso con i fratelli in modo da farsi loro compagno nel comune cammino di guarigione.
Ma è ancora più interessante quello che dice Sant’Agostino: «Il Signore ci avverte di non giudicare precipitosamente ed ingiustamente (…). Pensiamo, in primo luogo, se noi non abbiamo commesso qualche peccato simile; pensiamo che siamo uomini fragili, e [giudichiamo] sempre con l’intenzione di servire Dio e non noi stessi». Se quando vediamo i peccati dei fratelli pensiamo nei nostri, non ci succederà, come dice il Vangelo, che avendo una trave nell’occhio, pretendiamo cacciare una pagliuzza dall´ occhio di nostro fratello (cf. Mt 7,3).
Se siamo ben formati, vedremo le cose buone e le cattive degli altri, quasi in un modo incosciente: da ciò emetteremo un giudizio. Ma il fatto di guardare le mancanze altrui dai punti di vista citati ci aiuterà nel come dobbiamo giudicare: ci aiuterà a non giudicare per giudicare, o per dire qualcosa, o per occultare le nostre mancanze o, semplicemente perché tutti fanno così. E, finalmente, teniamo soprattutto presente le parole di Gesù: «con la misura con la quale misurate sarete misurati» (Mt 7,2).