Non sarà dato alcun segno a questa generazione, se non il segno di Giona.
PRIMA LETTURA Rm 1,1-7
Per mezzo di Cristo abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti.
SALMO (Sal 97)
Il Signore si è ricordato del suo amore.
“ In quel
tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le
sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno
per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa
generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di
questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini
della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più
grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa
generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si
convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».”
Lc 11,29-32
“Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona” (11,32).
Dopo aver detto ai suoi ostinati critici che Dio non darà alcun segno se non quello di Giona (11,29), Gesù invita a considerare la sua missione nel solco di quella esercitata dall’antico profeta: “come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione” (11,30).
Più che un paragone, che evidentemente pone sullo stesso piano due personaggi così diversi, il Nazareno vuole sottolineare il passaggio dall’antica alla nuova alleanza. Se Giona fu un segno efficace per la sua generazione, lo sarà anche Gesù. Anzi, la sua missione sarà ancora più feconda perché il Figlio dell’uomo “è più grande di Giona”. Diversamente da Matteo, che parla dei tre giorni passati nel ventre del pesce, annuncio e prefigurazione del mistero pasquale, Luca non dà alcuna esplicitazione. In questo modo egli sottolinea che tutta la vita di Gesù è segno eloquente dell’agire di Dio, annuncio di conversione.
Tutta la vita: quando parla con autorità e guarisce i malati; quando annuncia la misericordia di Dio e apre le porte ai peccatori pentiti, quando rivela sul Tabor il suo splendore e quando viene condannato come un malfattore.
Se la vita di Gesù è il segno di Dio, siamo dunque chiamati a contemplare questa testimonianza discreta ed convincente.
All’inizio del terzo millennio, Giovanni Paolo II scriveva che la missione della Chiesa parte sempre nuovamente dalla “contemplazione del volto di Cristo: lui considerato nei suoi lineamenti storici e nel suo mistero, accolto nella sua molteplice presenza nella Chiesa e nel mondo, confessato come senso della storia e luce del nostro cammino” (Novo millennio ineunte, 15).
Se è Lui “il centro del genere umano, la gioia d’ogni cuore” (Gaudium et spes, 45), come possiamo pensare di rivelare la luce che risplende nella sua Persona se il nostro sguardo non è fisso su di Lui?