Guai a voi, guide cieche.

PRIMA LETTURA: 1Ts 1,1-5.8b-10

Vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per attendere il suo Figlio che egli ha risuscitato.

SALMO (Sal 149)

Il Signore ama il suo popolo.

“In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. 
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».”

Mt 23,13-22

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti” (23,13).

È una pagina sorprendente perché siamo abituati all’immagine di una misericordia che assolve tutti. I profeti invece annunciano che Dio non può restare indifferente dinanzi al male. Gesù accoglie con amore i peccatori ma condanna con determinazione non solo il peccato ma, come leggiamo oggi, anche coloro che si fanno paladini e interpreti del male.

La formula guai a voi – che ritorna sette volte in questo capitolo – rappresenta un giudizio severo, sembra una condanna senza appello. Gesù non cerca di scusare i suoi avversari, anzi rincara la dose e accusa i farisei di essere ipocriti e ciechi, affonda il colpo con una determinazione che forse sorprende anche i suoi oppositori, li chiama “ipocriti”: un appellativo che ritorna sei volte in questa pagina. 

Ipocrita è colui che mette una maschera nel tentativo di nascondere la sua debolezza.

Ovviamente non facciamo riferimento alla fisiologica distanza tra ciò che si annuncia e quello che si vive. A causa dell’umana fragilità siamo costretti a constatare che dinanzi all’ideale evangelico siamo tutti e sempre in debito.

I primi a confessare di sentirsi ben lontani dalla verità di Dio, sono proprio i santi.

“Sono veramente lontana dall’essere una santa”, scrive Teresa di Lisieux.

L’ipocrita invece nasconde i suoi limiti, indossa la veste della fedeltà e si arroga il diritto di giudicare gli altri.

Pur conoscendo le sua mancanze, anche gravi talvolta, si presenta come un angelo di luce. L’ipocrita propone agli altri una fede che lui per primo non s’impegna a vivere; si preoccupa di essere fedele alla forma ma trascura, dimentica o calpesta la verità sostanziale delle cose. Non raramente l’ipocrisia si nasconde sotto la maschera dell’amabilità.

Oggi accogliamo la parola di Gesù come una salutare provocazione che ci impegna a riconoscere con sincerità le nostre incoerenze e la poca corrispondenza; e ci chiede di amare il prossimo “con i fatti e nella verità” (1Gv 3,18).

La coscienza dei limiti, unitamente alla grazia della riconciliazione, può essere un buon punto di partenza per ricominciare.