Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.

PRIMA LETTURA: Ger 14,17b-22

Ricordati, Signore! Non rompere la tua alleanza con noi.

SALMO: (Sal 78)

Salvaci, Signore, per la gloria del tuo nome.

«In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».

Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

Mt 13,36-43

Oggi, per mezzo della parabola della zizzania e del grano, la Chiesa ci invita a meditare sulla convivenza del bene e del male. Il bene e il male nel nostro cuore; il bene e il male che vediamo negli altri e quello che vediamo nel mondo.

L’insegnamento di Gesù richiede di essere assimilato perché chi accoglie nel suo cuore la Parola di Dio, e la fa crescere dentro di sé, diventa figlio del Regno. La casa rappresenta lo spazio nel quale la parola di Gesù può essere compresa e vissuta perché la si lega alla vita. Nella parabola la Chiesa vi legge un’allegoria.

Questo linguaggio associa ad ogni immagine, tratta dall’esperienza, una realtà concreta che appartiene al mondo delle relazioni nel quale viviamo. Non si tratta solamente di descrivere delle situazioni esterne ma di presentare con estremo realismo le dinamiche interne. È nel segreto del cuore che si decide a chi appartenere, da cui ne conseguono i comportamenti. Siamo chiamati ad essere giudici di noi stessi sottoponendoci costantemente al giudizio di Dio. La parola di Dio è come fuoco che distrugge o rafforza.

Se dentro il nostro cuore coltiviamo il risentimento e il pregiudizio, alimentato dalla rabbia e dalla paura, prima o poi diventano aggressività verbale o fisica. Sottoporsi al giudizio di Dio vuol dire far passare dal fuoco della sua giustizia i nostri sentimenti perché sia sradicata e distrutta la zizzania del peccato, seminato da Satana, e la nostra vita possa risplendere di quella carità che attinge la sua bellezza dal cuore di Dio. Dio, giudice giusto e misericordioso, è sempre all’opera perché i suoi figli nel mondo vivano le prove della vita come itinerario di purificazione e riconciliazione.

In tal modo i loro occhi non saranno accecati dall’orgoglio, ottenebrati dallo scoraggiamento, ma coglieranno i segni dell’azione di Dio che non abbandona i suoi figli ma li guida sapientemente alla gioia e allo splendore della vita eterna.