Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo.
PRIMA LETTURA: At 7,51 – 8,1a
Signore Gesù, accogli il mio spirito.
SALMO: (Sal 30)
Alle tue mani, Signore, affido il mio spirito.
Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
«In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!.»
Gv 6,30-35
Non è bastata la “moltiplicazione-con-divisione” di pani e pesci…
Non sono bastate nemmeno le dodici ceste avanzate…
La folla chiede ancora un segno, per vedere e credere…
Chiede a Gesù di fare un’opera dinanzi alla quale ci si debba arrendere, non si possano nutrire più dubbi…
Richiama alla mente il dono della manna nel deserto: c’è un’opera più grande di questa? Può Gesù superare questo prodigio?
Sono ancora legati all’idea di uno “stomaco” da riempire con un cibo, che, per quanto sia particolare, sempre cibo materiale rimane… Per loro il segno è qualcosa che “accontenta” un bisogno… Che sia manna o pane o pesce… Hanno bisogno di sperimentare sazietà…
Ma Gesù, come sempre, cerca di proporre un salto…
Non vuole più “dare” qualcosa, secondo le aspettative dell’uomo affamato…
Piuttosto stupisce facendosi “pane della vita”, divenendo egli stesso nutrimento della parte più bisognosa e affamata dell’uomo, le sue profondità più in-sensate, cioè affamate di senso, assetate di amore, bisognose di un cambiamento…
“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”
L’opera più grande non è “dare pane”..
L’opera più grande è “farsi pane”..
Dietro alla domanda di ricevere nuovi segni, di vedere nuove opere, si cela la nostra pretesa di continuare ad avere pane che sazia, e quella resistenza che ci fa rimanere sempre gli stessi…
Se riconosci il ruolo di Dio nella tua vita, non perdi nulla. Anzi alleggerisci la pressione di “onnipotenza” che gli altri continuamente si aspettano da te. Quell’onnipotenza che a volte ti porta a nascondere le tue ferite non solo agli altri, ma anche a te stesso. Perché a forza di renderti sempre efficiente, presente, instancabile, interessante per gli altri, finisci per crederci di esserlo e per chiederlo anche a te stesso. Rinunciando ad accettarti fragile, ad accogliere i momenti no, in cui ti riscopri impaziente, inaffidabile, irresponsabile. Se fai spazio al Padre e gli dai il primato che gli spetta, ricollochi meglio anche te stesso nel rapporto con Dio e con gli altri.
Quando, invece, abbiamo la possibilità di accogliere il pane che è Gesù Cristo e diventare noi stessi pane, acconsentendo alla più irreversibile delle trasformazioni: diventare noi stessi quello che vogliamo ricevere…