La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.

PRIMA LETTURA: 2Tm 1,1-8

Mi ricordo della tua schietta fede.

Oppure:

                               Tit 1,1-5

A Tito, mio vero figlio nella medesima fede.

SALMO: (Sal 95)

Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.

«In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.

In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Lc 10,1-9

Una parabola famosissima oggi ci viene proposta dalla liturgia. Chissà quante volte l’abbiamo ascoltata. Ma forse, è quella meno compresa. Eppure è molto semplice. D’altra parte è l’unica parabola di cui Gesù dà spiegazione. Vuol dire che non vogliamo comprenderla? La parabola centra l’insegnamento principe di Gesù: tutto parte dall’ascolto della Parola nella nostra vita.

Se non capiamo questa verità di fede, non abbiamo capito nulla del cristianesimo. Gesù, con quel “ogni volta che”, vuol dirci che nella nostra vita possiamo trovarci in una o in qualunque di quelle situazioni in cui si trova il contadino che semina, e che a ognuno di noi è data l’opportunità di uscirne fuori se lo vogliamo, se accettiamo la sfida che la parabola ci indica alla fine, quella di credere nella Parola, di accoglierla con cuore docile e lasciarla fecondare.

Si può ipotizzare che si tratti di tre successive seminagioni: tre infruttuose, una riuscita. Dopo “tre” fallimenti, la parabola invita a riprovare ancora. Il successo passa attraverso l’insuccesso. Dio non si stanca mai con noi, ci riprova lasciandoci liberi di accoglierlo nella sua Parola. Dio non si spaventa dei suoi fallimenti in noi, spera sempre nella nostra riuscita.

Dio non si stanca mai di usarci misericordia attraverso la sua Parola che libera e guarisce. Ecco perché è importante, anzi necessario centrare la propria giornata sulla Parola. Essa ti rende feconda quella giornata, anche se le cose non sono andate come avresti voluto. Il contadino Gesù passa ogni mattina nel campo del tuo cuore e semina il suo Regno cioè l’amore, la pace, la gioia, la pazienza.

Perché lo fa? Perché ti vuole santo, cioè a sua immagine. Impariamo allora a riconoscere il santo che c’è dentro di noi, che chiede di nascere e che ci rifiutiamo di lasciar uscire. Il più umile atto di amore ci fa vedere che è pronto a venire alla luce, in noi come negli altri. Perché ciò che “è seminato nella terra buona dà frutto”. La tua terra buona è un cuore docile all’ascolto della Parola perché ha compreso che cosa è l’umiltà. Essa è la porta di accoglienza della Parola, quella che forgia la tua santità.

Dove ci ritroviamo in questo scenario variegato? Come ascoltiamo? Come apriamo la porta del cuore alla Parola? Come leggiamo i nostri fallimenti alla luce di questa Parola?