Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello.
PRIMA LETTURA: Ez 9,1-7;10,18-22
Segna un tau sulla fronte degli uomini che piangono per tutti gli abomini che si compiono in Gerusalemme.
SALMO: (Sal 112)
Più alta dei cieli è la gloria del Signore.
«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Mt 18,15-20
Una probabile radice dei termini comunione e comunità è responsabilità condivisa. Gesù partecipa a tutti la missione che aveva anticipato a Pietro: «Tutto ciò che legherete sulla terra sa legato in cielo e tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo». Il recupero del fratello perduto non è solo un dovere morale ma è compartecipazione all’opera di Dio, il quale gioisce per la misericordia più che per i sacrifici.
L’esercizio della misericordia consiste nel fare ogni passo possibile perché possa compiersi la volontà di Dio: «Che ogni uomo si salvi e giunga alla conoscenza della verità». Ogni uomo è un fratello più piccolo da recuperare soprattutto quello che per sua colpa ha compromesso la comunione con gli altri. Come Dio con discrezione interviene nella coscienza di ciascuno con «la carezza dello Spirito», così il discepolo di Cristo con delicatezza compie il primo passo verso il suo fratello avversario per avvertirlo dell’errore. È importante innanzitutto il dialogo a tu per tu perché chi corregge non deve preoccuparsi di difendere la sua dignità agli occhi degli altri, ma, sentendosi responsabile della vita del fratello, si prende cura di lui ferito dalla sua condotta.
Correzione fraterna: un gesto che deve essere, assolutamente, iscritto nell’ambito della carità. La correzione fraterna non è mai un discorso semplice; esso suppone che, all’interno della comunità, grande o piccola non importa, si sia instaurata, e si viva realmente, una buona dimensione fraterna, fatta di stima, di fiducia, di rispetto e di affetto sincero, quando non anche di profonda amicizia.
Molto spesso il nostro sguardo è lo sguardo di chi giudica, istintivamente, condanna, talvolta severamente; c’è solo uno sguardo capace di salvare: lo sguardo di Dio, che libera e salva; ecco perché la correzione fraterna ha senso ed efficacia solo se nasce da un cuore misericordioso che, prima di misurarsi sul fratello, si misura con l’amore sconfinato di Dio. La correzione fraterna è, dunque, un autentico gesto d’amore.
Perciò se noi per primi percorriamo la via che conduce alla salvezza, in obbedienza alla legge di Dio, se noi per primi abbiamo accolto, nella nostra vita, Cristo come Maestro e Via che conduce al Padre, persuasi e felici della bontà della nostra scelta, sapremo ben testimoniarla e proporla agli altri; sapremo, consapevoli che non ci si salva da soli, che tutti coloro che ci stanno accanto e formano con noi un medesimo tessuto comunitario devono esser tutelati, aiutati, avvertiti.
Come Lui anche noi, senza stimarci migliori degli altri, dobbiamo attendere con la speranza, tenuta viva dall’amore, che chi si è allontanato ritorni, per godere dell’abbraccio del Padre, del dono grande della comunione fraterna, e della felicità di sentirsi nuovamente a casa.
Si esercita la forma più alta della carità quando agiamo spinti dal cuore che sente compassione per il fratello che ha sbagliato e compiamo ogni passo possibile per realizzare la comunione con lui. Caino, per giustificare l’omicidio di Abele, dice: «Sono forse io il custode di mio fratello?». Davanti al fratello, colpevole nei nostri confronti, siamo naturalmente tentati di mutare in giudizio di condanna la rabbia, la gelosia, l’invidia o il pregiudizio che precede la sua colpa. La correzione fraterna, fatta con garbo e rispetto, quella che non persegue l’umiliazione dell’altro ma il recupero della relazione con lui, è il modo più efficace di incanalare nel dialogo le forze interiori agitate. Non si tratta di regolare i conti ma di guadagnare il fratello e riconquistare la comunione con lui.
Chi si allontana a causa di un dissidio provoca nella comunità una perdita che impoverisce tutti i suoi membri. Al contrario un fratello recuperato alla comunione arricchisce e rinforza tutta la comunità.
A volte l’impegno personale non basta e allora bisogna vivere ancora un’altra forma di comunione che coinvolge anche gli altri fratelli della comunità. Più grande è la colpa, più ampia è la rete di aiuto fraterno nel quale il reo viene inserito e maggiore deve essere la compassione che non si arrende davanti a nessun rifiuto, che non torna indietro davanti ad alcun muro. Alla persistenza del peccato la comunità risponde con la perseveranza e la concordia della preghiera.