Non è Dio dei morti, ma dei viventi!

PRIMA LETTURA: 2Tm 1,1-3.6-12

Ravviva il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani.

SALMO: (Sal 122)

A te, Signore, alzo i miei occhi.

Oppure:

A te, Signore, innalzo la mia preghiera.

 «In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo ugualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».

Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».

Mc 12,18-27

Oggi, la Santa Chiesa sottopone alla nostra considerazione la realtà della risurrezione e le proprietà dei corpi risuscitati. Infatti, il Vangelo ci narra l’incontro di Gesù con i sadducei, che –per mezzo di un caso ipotetico subdolo- Gli presentano una difficoltà circa la risurrezione dei morti, verità in cui essi non credevano.

I sadducei con i loro quesiti paradossali rappresentano efficacemente quello che succede quando cadiamo nella tentazione di interpretare la parola del Signore in senso letterale, come un codice legislativo o un copione.

Gli dicono che, se una donna sette volte vedova, «Di quale di loro [dei sette mariti] sarà moglie?» (Mc 12,23). Cercano, così, di ridicolizzare la dottrina di Gesù. Ma il Signore disfa questa difficoltà all’esporre che «Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli.» (Mc 12,26-27).

E, vista l’occasione, Nostro Signore approfitta la circostanza per affermare la realtà della risurrezione, citando quello che disse Dio a Mosè nell’episodio del rovo: «Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isaac e il Dio di Giacobbe» e aggiunge «Non è Dio dei morti, ma dei viventi» (Mc 12,26-27) Lì Gesù li rimprovera per l’equivoco in cui si trovano, perché non capiscono né le Scritture né il potere di Dio; non solo ma questa verità era già stata rivelata nell’Antico Testamento: così lo insegnarono Isaia, la madre dei Maccabei, Giobbe ed altri.

Diventa allora facile creare scenari fantascientifici come quelli dei sadducei che incrementino il nostro scetticismo e la nostra sfiducia: “Non è possibile credere in Dio, perché se seguissimo il Vangelo le donne non voterebbero nemmeno”, “Essere cristiano significa vivere fuori dal mondo: cosa dice la Bibbia delle cellule staminali?”. E così via.

Lo sforzo che dobbiamo fare però non è solo quello di contestualizzare la parola del Signore nel tempo e nello spazio, ma soprattutto quello di avvicinare la parola del Signore a noi, rendendola viva nella nostra quotidianità. In questo consiste il Vangelo di Gesù: nell’annuncio di una parola che ha il potere di cambiare le nostre vite.

Per far questo Gesù in questo brano mette in luce due criteri che ci possono aiutare nel rendere la parola del Signore acqua viva: conoscere le Scritture e riconoscere la potenza del Signore.

È tramite la conoscenza delle scritture, infatti, che permettiamo alla voce del Signore di raggiungerci come ha raggiunto Mosè nel roveto ardente. Scopriamo così che Dio “Non è Dio dei morti, ma dei viventi”, ovvero che il suo messaggio può essere incarnato nella nostra vita presente.

Il secondo criterio invece ci indica la direzione che dobbiamo tenere. Se riconosciamo la potenza di Dio, riconosciamo che lui può tutto e in particolare che può salvarci dal peccato e dalla morte. Ed è da questa consapevolezza che deve nascere la nostra conversione: se accettiamo la Promessa del Signore, allora la nostra vita deve cambiare per incarnare la sua parola.

Sant’Agostino descriveva così la vita di eterna e amorosa comunione: «Lì non soffrirai limiti né angustie perché avrai tutto, e tuo fratello anche lui avrà tutto; perché voi due, tu e lui, sarete una sola cosa e questa unicità possederà pure Colui che possederà ambedue».

Noialtri lungi dal dubitare delle Sacre Scritture e del potere misericordioso di Dio, aderiti, con tutta la mente ed il cuore a questa verità che infonde speranza, ci rallegriamo al non vedere frustrata la nostra sete di vita, piena ed eterna, la quale ci viene rassicurata nello stesso Dio, nella Sua gloria e felicità. Davanti a questo invito divino, non ci resta che accrescere il nostro desiderio di vedere Dio, il desiderio di trovarci per sempre regnando accanto a Lui.