Il cieco fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa.

PRIMA LETTURA: Gn 8,6-13.20-22

Ecco, la superficie del suolo era asciutta.

SALMO: (Sal 115)

A te, Signore, offrirò un sacrificio di ringraziamento.

«In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.

Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».

Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».

Mc 8,22-26

Oggi, attraverso un miracolo, Gesù ci parla del processo della fede. La guarigione del cieco in due fasi mostra che la fede non è sempre una illuminazione istantanea, ma frequentemente richiede un itinerario che ci avvicini alla luce e ci faccia vedere chiaramente. Senza dubbio il primo passo della fede –iniziare a vedere la realtà alla luce di Dio– è già un motivo di allegria, come dice San Agostino: «Una volta sanati gli occhi, che possiamo avere di più valore, fratelli? Gioiscano quelli che vedono questa luce che è stata fatta, quella che brilla dal cielo o quella che viene da una torcia. E come si sentono disgraziati quelli che non possono vederla!».

All’arrivare a Betsàida portano un cieco a Gesù perché gli imponga le mani. È significativo che Gesù lo porti fuori; non ci indicherà questo che per ascoltare la Parola di Dio, per scoprire la fede e vedere la realtà in Cristo, dobbiamo uscire da noi stessi, da spazi e tempi rumorosi che ci annegano e abbagliano per ricevere l’autentica illuminazione?

Lasciarsi portare fuori dalle situazioni in cui ci siamo impantanati. Dapprima sono forse gli amici o i familiari di quest’uomo che riconoscono che non può farcela da solo e lo portano a Gesù. E lui, che avrebbe potuto guarirlo lì per lì, non lo fa. Perché?

Questa guarigione prende del tempo, è un esodo da sé stessi. C’è un cammino da fare, da soli con lui, senza forzare il passo. Continuando a essere ciechi. C’è da imparare ad avere fiducia prima. A lasciarci prendere per mano, seguirti, con tutti i nostri limiti e la nostra incapacità di vedere le cose per quello che sono, il nostro non voler vedere le cose per come sono. Perché forse aprire gli occhi ora farebbe troppo male.

Prendi il viso tra le mani con delicatezza. I nostri occhi sono feritoie. Si aprono lentamente ma facciamo ancora fatica a distinguere chiaramente i contorni di quello che vediamo. È tutto indistinto, confuso. Non riusciamo ancora a discernere, a dare un nome alle cose. La prima cosa che vediamo sono questi alberi che avanzano, vediamo i nostri fratelli, ma non li vediamo bene. Vediamo tutto ancora con il filtro delle nostre ferite, delle nostre paure. Che bella immagine però questa degli alberi per dire uomini, alberi che danno riparo, nutrimento, con le radici nella terra e proiettati verso il cielo. Ma camminano, non devono per forza stare fermi in un posto.

E tu non perdi la pazienza con noi. Di nuovo ci imponi le mani sugli occhi, tocchi il nostro volto come farebbe un cieco per fissarci nella memoria, perché ci riconosca. Se prima il testo greco usa il verbo “vedere”, ora viene usato “guardare”, più a fondo, oltre. Chiaramente. Persino da lontano, con consapevolezza. E tu ci rimandi a casa, non al villaggio. Anche noi ora siamo un albero che cammina, che vede bene e quindi può scegliere dove andare. Possiamo essere casa per altri, un luogo in cui non debbiamo difenderci, in cui possiamo essere pienamente noi stessi, dove amiamo, siamo amati. Non abbiamo più bisogno di guardarci indietro.

Ormai fuori del villaggio, Gesù «dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?» (Lc 8,23). Questo gesto ci ricorda il Battesimo: Gesù non ci unge più con saliva, ma bagna tutto il nostro essere con l’acqua della salvezza e, nel trascorso della vita, ci chiede quello che vediamo alla luce della fede. «Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente» (Lc 8,25).