Siano una cosa sola, come noi.

PRIMA LETTURA: At 20,28-38

Vi affido a Dio, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità.

SALMO: (Sal 67)

Regni della terra, cantate a Dio.

Oppure:

Sia benedetto Dio che dà forza e vigore al suo popolo.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

«In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]

«Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».

Gv 17,11b-19

Oggi, viviamo in un mondo che non sa come essere veramente felice con la felicità di Gesù, un mondo che cerca la felicità di Gesù in tutti i posti sbagliati e nel modo più sbagliato possibile. Cercare la felicità senza Gesù solo può condurre a un’infelicità ancora più profonda.

Ma noi vogliamo vivere al giorno d’oggi con l’allegria di Gesù. Lui prega a suo Padre nel Vangelo di oggi: «e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in sé stessi la pienezza della mia gioia» (Gv 17,13). Rendiamoci conto che Gesù vuole che in noi la sua allegria sia completa. Desidera colmarci della sua allegria. Questo non significa che non abbiamo la nostra croce, giacché «il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo» (Gv 17,14), ma Gesù si aspetta da noi che viviamo con la sua allegria senza preoccuparci di ciò che il mondo possa pensare di noi. L’allegria di Gesù deve impregnarci fino all’intimo del nostro essere, evitando che il fragore superficiale di un mondo senza Dio possa penetrare in noi.

È la famosa preghiera sacerdotale di Gesù. Gesù parla col Padre. E di chi parla? Di noi. Noi siamo l’oggetto della sua preghiera al Padre. E come è stato 2000 anni fa, così è ancora oggi. Gesù parla al Padre di noi, intercede per noi affinché siamo in comunione con Lui. E per essere uniti a Lui, Gesù chiede al Padre di custodirci dal Maligno la cui azione è proprio di allontanarci da Dio.

Il cristiano è uno che continua la missione evangelizzatrice di Gesù perché gli assomiglia. Ha ricevuto in dono da Gesù la sua Parola e la sua gioia e deve a sua volta donarla al mondo.  Non sarà facile perché il mondo non ama ciò che viene da Dio, ma è il sentiero della verità che ci fa liberi. Il maligno invece ci vuole del mondo e delle sue logiche, ci priva della gioia e della comunione con Dio, ci priva della verità perché è menzognero e ci rende schiavi di noi e del male. Abbiamo in cielo il nostro Redentore che prega per noi. E la preghiera è un atto di amore. Egli prega per noi perché ci ama. Cosa vogliamo di più da un Dio?

Viviamo dunque, oggi, con l’allegria di Gesù. Come possiamo ottenere sempre di più da questa allegria di Gesù Signore? Ovviamente dal proprio Gesù. Gesù Cristo è l’unico che può darci la vera felicità che manca nel mondo, come lo testimoniano le citate serie televisive. Gesù disse, «se rimanete in me, e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato» (Gv 15,7). Dedichiamo perciò, ogni giorno, un po’ del nostro tempo alla preghiera con la parola di Dio nelle Scritture; alimentiamoci e consumiamo le parole di Gesù nella Sacra Scrittura; lasciamo che siano il nostro alimento, per saziarci con la sua gioia: «All’inizio dell’essere umano non c’è una decisione etica o una grande idea, ma l’incontro di un avvenimento, con una Persona che da alla vita un nuovo orizzonte alla vita» (Benedetto XVI).