Verranno da oriente e occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio.

PRIMA LETTURA: Ef 6,1-9

Prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli uomini.

SALMO: (Sal 144)

Fedele è il Signore in tutte le sue parole.

«In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».

Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.

Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.

Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Lc 13,22-30

Oggi, andando verso Gerusalemme, Gesù si ferma un momento e qualcuno ne approfitta per domandarGli: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?» (Lc 13,23). Forse, all’ascoltare Gesù, quell’uomo si impensierì. Certamente, quello che Gesù insegna è meraviglioso ed attraente, ma le esigenze che comporta non sono di suo gradimento. Ma, e se volesse vivere il Vangelo a modo suo, con una “morale alla carta”? Quali probabilità avrebbe di salvarsi?

Così, dunque, domanda: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?» Gesù non accetta questa impostazione. La salvazione è una questione troppo seria per poter essere risolta mediante un calcolo di probabilità. Dio «non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.» (2P 3,9).

Gesù risponde: «Sforzatevi ad entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!” Ma Egli vi risponderà: `Non so di dove siete´». Come possono considerarsi parte del suo gregge se non seguono il Buon Pastore né accettano il Magistero della Chiesa? «Allontanatevi da me, voi tutti operatori d’iniquità! Là ci sarà pianto e stridore di denti» (Lc 13,27-28).

La domanda rivolta a Gesù risente dell’idea che la salvezza sia un traguardo da raggiungere e che, come avviene per le corse, sono pochi coloro che la portano a termine mentre molti sono quelli che si perdono per strada.

In realtà Gesù è venuto perché tutti possano giungere alla salvezza la cui porta di accesso è la croce. Essa è stretta perché richiede la disponibilità a lasciare tutto per il Tutto. Lo sforzo a cui allude Gesù non sono i sacrifici che possiamo sostenere ma che alla fin fine li facciamo per noi stessi. Si tratta invece di impegnarsi a cambiare mentalità ed entrare nella logica dell’amore che trova in Gesù l’unico modello da imitare.

La parabola racconta la triste sorpresa di chi alla fine rimarrà escluso dalla vita non perché vittima di un’ingiustizia ma in quanto unico artefice del suo fallimento causato dalla sua presunzione di salvarsi da solo e da sé. Il momento del giudizio rivelerà la verità del modo con il quale durante la vita abbiamo trattato il «padrone di casa».

Infatti, la sofferenza subita dal Signore di vedersi trattato come un estraneo sarà vissuta nel medesimo modo da chi ha tenuto la porta del cuore chiusa alla sua Parola sebbene abbia rispettato formalmente tutti i comandamenti. Questo è il rischio di chi nasconde dietro una buona condotta pensieri egoistici e narcisisti.

La barriera del pregiudizio e dell’abitudine a giudicare gli altri in base alle proprie idee impedisce di riconoscere la presenza di Dio e la sua azione, sicché invece di aprirci all’ascolto e all’aiuto ci si chiude al dialogo innescando meccanismi di contrapposizione. Possiamo stare anche gomito a gomito con gli altri ma nutrire sentimenti di disprezzo che annullano ogni forma di autentica comunione.

La vera sfida è far entrare Dio in noi, se glielo permettiamo. Infatti, Gesù sembra voler dire che la porta del nostro cuore può essere aperta solo dall’interno a patto che sia divelto il chiavistello della presunzione di potersi salvare da sé.

Né Gesù né la Chiesa temono che l’immagine di Dio Padre resti offuscata a causa della rivelazione del mistero dell’inferno. Come afferma il Catechismo della Chiesa, «le affermazioni delle Sacre Scritture e gl’insegnamenti della Chiesa a proposito dell’inferno sono un richiamo alla responsabilità con la quale l’uomo deve usare la sua libertà in relazione al suo destino eterno. Costituiscono, allo stesso tempo, un appello incalzante alla conversione» (n. 1036).

Cerchiamo di non “fare i furbi” e finiamola di fare calcoli. Sforziamoci di entrare per la porta stretta, ricominciando quante volte sia necessario, fiduciosi nella Sua misericordia. «Tutto quello che ti preoccupa momentaneamente –dice san Josemaría-, importa poco. Quello che importa in un modo assoluto è che tu sia felice, che ti salvi».