A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.
PRIMA LETTURA: Ef 3,2-12
Il mistero di Cristo è stato manifestato: le genti sono chiamate a condividere la stessa eredità.
SALMO: (Is 12,2-6)
Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza.
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Lc 12,39-48.
Questa parola, nella quale sono presentate l’immagine del padrone e del servo, ci invita a riflettere su quali attese si fonda la nostra vita e in che modo le viviamo.
Il padrone è geloso della sua casa e fa di tutto perché non sia violata dal ladro la cui visita avviene in un tempo sconosciuto. La cura che egli ha della sua casa la mette al sicuro da un eventuale pericolo.
Da qui la domanda: siamo noi padroni saggi della casa che abitiamo e quale cura abbiamo della comunità a cui apparteniamo? Quale attenzione poniamo al rapporto con Dio, alla relazione tra di noi e al nostro cammino di fede? Siamo custodi e promotori della comunione?
È su queste questioni che si gioca la vita, il suo successo o il suo fallimento. Il servo che custodisce nel cuore la parola del padrone fa sua la passione con cui si prende cura dei suoi beni.
In tal modo lo imita nel rispetto che ha delle persone che compongono la sua casa e vive pienamente il tempo che gli è dato compiendo fedelmente la missione affidatagli.
La speranza è la forza di attrazione che induce il servo a replicare nei confronti degli altri l’amorevolezza del padrone opponendosi a quella della distrazione che invece porta il servo a diventare schiavo del proprio io egoistico e arrogante.
La missione affidata al servo fidato e prudente lo investe di una responsabilità che lo rende simile al padrone. Praticare la misericordia prendendosi cura dei fratelli significa portare a termine la missione assegnata e maturare nel senso della responsabilità che è la virtù principale richiesta a chi è messo a capo per esercitare l’autorità.
Il servizio svolto senza responsabilità scade in esercizio di autoritarismo. La vera autorità non può prescindere dalla carità che non consiste semplicemente del dare qualcosa ma nel restituire ai poveri ciò appartiene a loro.
Con la lettura di questo frammento del Vangelo, possiamo osservare che ogni persona è un amministratore: quando si nasce, riceviamo tutti un’eredità genetica e delle capacità per realizzarci nella vita. Scopriamo che queste potenzialità e la vita stessa sono un dono di Dio, visto che noi non abbiamo fatto nulla per meritarle. Sono un regalo personale, unico e intrasferibile ed è ciò che ci conferisce la nostra personalità. Sono i “talenti” di cui ci parlò Gesù stesso (cf. Mt 25,15), le qualità che dobbiamo far crescere nel trascorso della nostra esistenza.
«Nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (Lc 12,40), finisce dicendo Gesù nel primo paragrafo. La nostra speranza è nella vita del Signore Gesù alla fine dei tempi; però ora qui, anche Gesù si fa presente nella nostra vita, nella semplicità e nella complessità di ogni momento. È oggi che con la forza del Signore possiamo vivere nel suo Regno. Sant’Agostino ce lo ricorda con le parole del salmo 32,12: «Beata la nazione il cui Dio è il Signore», affinché possiamo esserne consapevoli, formando parte di questa nazione.
«Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (Lc 12,40), questa esortazione rappresenta un richiamo alla fedeltà, la quale mai è subordinata all’egoismo. Abbiamo la responsabilità di saper “corrispondere” ai beni che abbiamo ricevuto insieme alla nostra vita, «conoscendo la volontà del padrone» (Lc 12,47), è ciò che chiamiamo la nostra “coscienza”, ed è ciò che ci fa degnamente responsabili delle nostre azioni. La risposta generosa da parte nostra verso l’umanità, verso ogni essere vivente è una cosa doverosa e piena d’amore.