Guai a voi, farisei; Guai a voi, dottori della Legge.
PRIMA LETTURA Rm 2,1-11
Dio renderà a ciascuno secondo le sue opere, al Giudeo prima come al Greco.
SALMO (Sal 61)
Secondo le sue opere, Signore, tu ripaghi ogni uomo.
“ In quel
tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla
menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e
l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle.
Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle
piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la
gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo,
tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge,
che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate
nemmeno con un dito!».”
Lc 11,42-46
“Guai a voi, farisei” (11,42).
In questi giorni la liturgia propone le parole severe che Gesù rivolge ai farisei. Si tratta di una denuncia che assume la forma di una vera e propria requisitoria. Ancora una volta emerge un criterio che riguarda tanto la vita spirituale quanto quella sociale: quando è in gioco la verità, non possiamo tacere.
La carità si manifesta nella benevolenza ma non impone il silenzio, al contrario è proprio in nome della carità che dobbiamo comunicare quelle parole che possono scuotere la coscienza e aiutare i fratelli a comprendere gli errori e a modificare la propria vita per incamminarsi nelle vie di Dio.
Voler bene a qualcuno significa volere il bene.
È questa la via che la Chiesa ha sempre seguito. Gesù non contesta quel comportamento che nasce dall’umana debolezza ma un modo di intendere e vivere la religiosità che non corrisponde alla verità che Dio ha rivelato. Parole severe che, apparentemente, non aprono varchi per un dialogo.
Per comprendere l’atteggiamento di Gesù dobbiamo ricordare due cose:
- in primo luogo Egli è il Maestro ed ha perciò il dovere di parlare per manifestare la volontà di Dio;
- in secondo luogo, la denuncia non è mai fine a se stessa, non serve cioè a umiliare la persona, al contrario è un annuncio, cioè un appello che sollecita la conversione.
Questa premessa, che in altri tempi sarebbe stata superflua, oggi è diventata più che necessaria. Ogni guai stigmatizza un errore strutturale, cioè un modo di pensare che deforma la fede. Ma il secondo è quello che ci fa andare al cuore delle cose: “Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze” (11,43). Chi si comporta così, mette se stesso al centro della vita, cerca di conquistare il consenso e la stima degli altri. È questa la logica sottesa ai like che imperversano sui social. Ci preoccupiamo di piacere agli altri. La fede invece ci insegna a vivere sotto lo sguardo di Dio per fare solo ciò che è gradito a Lui. Oggi chiediamo la grazia di ripetere più spesso le parole dei redenti: “Tu solo sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza” (Ap 4,11).