Siete figli di chi uccise i profeti.
PRIMA LETTURA: 2Ts 3,6-10.16-18
Chi non vuole lavorare, neppure mangi.
SALMO: (Sal 127)
Beato chi teme il Signore.
«In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».».
Mt 23,27-32
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati” (23,27).
Anche oggi il Vangelo si presenta come una severa denuncia che non fa sconti a nessuno. La parola di Gesù è come una lama affilata che penetra sempre più profondamente nella coscienza di chi ascolta: prima ha denunciato l’ipocrisia di chi si nasconde dietro la maschera del perfetto credente; poi ha messo sotto accusa la dottrina che amplifica i dettagli e trascura le cose importanti; e infine squalifica i suoi interlocutori paragonandoli a “sepolcri imbiancati”.
Parla con la voce dei profeti che non hanno paura di dire cose scomode, rimprovera i farisei di curare con attenzione le apparenze per nascondere il male che si annida dentro di loro: “all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità” (23,28). Si vestono da pecore, in realtà sono lupi affamati.
Questa parola antica è sempre attuale e chiede a ciascuno di fare un sincero esame di coscienza. Abbiamo tante ragioni per farlo. “Non basta dirsi cristiani, dobbiamo esserlo”, ammoniva sant’Ignazio di Antiochia all’inizio del secondo secolo (Lettera ai cristiani di Magnesia, 4,1).
È vero, non abbiamo intenzioni malvagie, non cerchiamo il male di nessuno ma… tante volte ci fa comodo restare alla superficie, far finta di non aver capito, limitarsi all’osservanza esteriore, non prendere posizione, non assumere gli impegni che appaiono più gravosi. Insomma, cerchiamo di stare alla larga dai problemi, con la scusa di non saperli affrontare. Non fare il bene possibile significa lasciare più spazio al male.
Il credente non desidera camminare su strade cosparse di spine ma non cerca neppure di evitarle; non vuole riempire la vita di impegni ma non rifiuta a priori le responsabilità che il buon Dio assegna. La fede ci chiede di amare anche quando è scomodo.