Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.
PRIMA LETTURA: At 9,31-42
La Chiesa si consolidava, e con il conforto dello Spirito Santo cresceva di numero.
SALMO: (Sal 115)
Che cosa renderò al Signore, per tutti i benefici che mi ha fatto?
Oppure:
Ti rendo grazie, Signore, perché mi hai salvato.
Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Gv 6,60-69
Oggi, abbiamo appena finito di leggere nel Vangelo il discorso di Gesù sul Pane di Vita, che è Egli stesso che si darà a noi come alimento per le nostre anime e la nostra vita cristiana. E, come di solito succede, abbiamo visto due reazioni ben diverse, se non contrapposte, dal suo uditorio.
Per alcuni, il suo linguaggio è troppo duro, incomprensibile per le loro menti chiuse alla Parola salvifica del Signore, e San Giovanni dice -con una certa tristezza- che «Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv 6,66). E lo stesso l’evangelista ci dà un indizio per capire l’atteggiamento di queste persone: non credevano, non erano disposte ad accettare gli insegnamenti di Gesù, spesso incomprensibili per loro.
“Forse anche voi volete andarvene?”. La domanda di Cristo scavalca i secoli e giunge fino a noi, ci interpella personalmente e sollecita una decisione. Perché è così duro il discorso che ha fatto finora Gesù? La risposta è semplice: Gesù insegna un modo di vivere che è fatto di donazione. Gesù insegna ad essere pane. Pane che si consegna e si spezza per gli altri. Pane che nutre e si dona. Essere pane significa donarsi, servire, amare e perdonare. Solo se siamo disposti a vivere così, solo se troviamo gioia in questo, non ce ne andremo anche noi come quei discepoli. La durezza di cui si parla è quella di accogliere Gesù come Signore e vivere di Lui. Ogni credente, in qualche modo, la sperimenta.
Gesù accetta di essere abbandonato da coloro che lo seguivano. Non si scoraggia. Lascia i discepoli liberi di andare. I discepoli non sono giunti alla comprensione ma alla fiducia. Non sembrano aver capito il discorso sulla carne e sul pane, ma sanno chi è Gesù, gli hanno accordato quella fondamentale fiducia. Lui è il Signore, è unico, non può essercene un altro come Lui, da cui andare a cercare vita. È continuando a seguirlo che possono entrare nella vita, una vita così grande da essere eterna, la vita stessa di Dio.
Questa pagina di Vangelo deve interrogarci profondamente. Ci è offerto di aprire gli occhi sul nostro percorso di fede, per capire quanto è importante nella nostra vita. Se essa è il pane, il vero cibo che ci nutre. Potremmo vivere l’illusione di non aver bisogno di nutrimento, o credere che ciò che ci nutre sia altro da Cristo. Oppure potremmo, come Pietro, scoprire che nella routine quotidiana si fa spazio un’altra vita, che a volte abbiamo incontrato, che è più “vera” di quella che conosciamo.
D’altra parte, vediamo la reazione degli Apostoli, rappresentati da san Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto» (Gv 6,68-69). Non è che i dodici sono più perspicaci degli altri, nemmeno più buoni, forse nemmeno più esperti della Bibbia; quello che si sono: più semplici, più confidenti, più aperti allo Spirito, più docili. Li sorprendiamo ogni tanto nelle pagine dei Vangeli sbagliando, non comprendendo Gesù, discutendo su chi di loro è il più importante, anche correggendo il Maestro quando annuncia la sua passione, ma sempre li troviamo al suo fianco, fedeli. Il loro segreto: lo amavano veramente.
S. Agostino lo esprime così: «Non lasciano impronta nell’anima le buone abitudini, ma l’amore buono (…). Questo è vero amore, ubbidire e credere a chi si ama» Alla vista di questo Vangelo, possiamo domandarci: dove ho posto il mio amore? che fede e che obbedienza ho nel Signore e in quello che la Chiesa insegna? Con che docilità, semplicità e fiducia vivo con le cose di Dio?