Erode mandò a decapitare Giovanni e i suoi discepoli andarono a informare Gesù.
PRIMA LETTURA: Lv 25,1.8-17
Nell’anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà.
SALMO: (Sal 66)
Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.
Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta.
Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».
Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre.
I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù».
Mt 14,1-12
Oggi, la liturgia ci invita a contemplare un’ingiustizia: la morte di Giovanni il Battista; e allo stesso tempo, scoprire nella parola di Dio la necessità di una testimonianza chiara e concreta della nostra fede per colmare di speranza il mondo.
Erode sembra dare una risposta alla domanda che si ponevano i compaesani di Gesù: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?». Per il re, che sente parlare del Nazareno, egli è «Giovanni Battista risorto». Il suo è evidentemente il ragionamento di una mente malata e abitata dalla paura.
Al peccato di adulterio, di cui lo accusava il Battista, egli aveva aggiunto anche quello del suo omicidio. Possiamo fare tutti i giochi di equilibrismo diplomatici che volgiamo per cadere in piedi nelle situazioni, ma non possiamo sfuggire alla nostra coscienza che, prima o poi, ci presenta il conto e si ribella. Un uomo non è mai veramente libero se mortifica la voce della sua coscienza.
Potremmo trovare il modo, di solito sempre con la violenza, di zittire le voci scomode, ma mai riusciremo a silenziare la coscienza, la quale alla fine grida più forte di una folla inferocita. Erode agiva per calcolo di convenienza. Pur volendo far morire Giovanni non lo uccideva per timore della folla e nonostante gli servisse più da vivo che da morto cede al ricatto della figlia di Erodiade.
Come la verità, anche la malvagità trova la sua strada per imporsi e non la si combatte solamente salvaguardando l’apparenza e salvando la faccia perché arriva il momento nel quale dobbiamo arrenderci all’evidenza. La parola di Dio ci viene offerta come occasione per allenare la nostra coscienza a istruirci sul modo con il quale affrontare le crisi, in particolare quelle che agitano il nostro cuore.
Riflettiamo sul personaggio di Erode. Realmente per noi, è un contro testimone, però ci aiuterà a rivelare alcuni aspetti importanti per la nostra testimonianza di fede nel mondo. «il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù» (Mt 14,1). Questa affermazione indica un’attitudine apparentemente corretta, però poco sincera. È la realtà che oggi possiamo trovare in tante persone e chissà anche in noi stessi. Molti hanno sentito parlare di Gesù, però chi è Lui realmente? che implicazione personale ci unisce a Lui?
Per primo, è necessario dare una risposta corretta; quella di Erode non è che un’informazione vaga: «Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti» (Mt 14,2). Indubbiamente ci manca la affermazione di Pietro davanti alla domanda di Gesù: «Voi chi dite che io sia? Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,15-16). E questa affermazione non dà luogo alla paura o all’indifferenza, ma apre la porta ad una testimonianza fondamentata nel Vangelo della speranza.