Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe.
PRIMA LETTURA: Lam 2,2.10-14.18-19
Grida dal tuo cuore al Signore, gemi, figlia di Sion.
SALMO: (Sal 73)
Non dimenticare, Signore, la vita dei tuoi poveri.
Oppure:
Ascolta, Signore, il grido dei tuoi poveri.
«In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito.
Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva.
Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: “Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie”».
Mt 8,5-17
Oggi, nel Vangelo, vediamo l’amore, la fede, la fiducia e l’umiltà di un centurione, che sente una stima profonda verso il suo servo. Si preoccupa tanto di lui, che è capace di umiliarsi di fronte a Gesù e chiedergli: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente» (Mt 8,6).
Questa richiesta, d’altronde, specialmente per un servo, ottiene da Gesù una risposta immediata: «Io verrò e lo curerò» (Mt 8,7).
E tutto sbocca in una serie di atti di fede e di fiducia. Il centurione non si considera degno e, accanto a questo sentimento, manifesta la sua fede davanti a Gesù e di fronte a tutti quelli che erano lì presenti, in tal modo che Gesù dice «Presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande» (Mt 8,10).
Possiamo domandarci che cosa muove Gesù a realizzare il miracolo?
Quante volte chiediamo e sembra che Dio non ci ascolti, anche se sappiamo che Dio ci ascolta sempre?
Dunque, cosa succede?
Crediamo di chiedere bene, ma, lo facciamo come il centurione?
La sua preghiera non è egoista, ma piena di amore, umiltà e fiducia.
Dice San Pietro Crisologo: «La forza dell’amore non misura le possibilità (…). L’amore non distingue, non riflette, non conosce ragioni. L’amore non è rassegnazione davanti all’impossibilità, non s’intimorisce di fronte a nessuna difficoltà».
È così la mia preghiera? «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto…» (Mt 8,8). È la risposta del centurione.
Sono così i tuoi sentimenti?
È così la tua fede?
«Solo la fede può capire questo mistero, questa fede che è il fondamento e la base di quanto oltrepassa l’esperienza e la conoscenza naturale» (San Massimo).
Se è così, anche tu ascolterai: «”Và, e sia fatto secondo la tua fede”. In quell’istante il servo guarì» (Mt 8,13).
Ma la giornata per Gesù non è ancora finita anzi è appena iniziata: «Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò».
Gesù si occupa di ciò che gli si racconta. Gesù si occupa di ciò che egli vede con i suoi occhi. Potremmo dire che Gesù non è un indifferente, ma un differente: egli agisce come se ogni cosa meriti tutta la sua attenzione, tutta la sua cura. Fa bene quindi l’evangelista Matteo a mettergli addosso le parole del profeta Isaia: «Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie».
Guarire nel Vangelo significa sentirsi amati con questa cura. E quando trovi qualcuno che ti ama accorgendosi di te, di quello che stai soffrendo, di quello che stai vivendo, di quello che stai chiedendo, allora la guarigione è già compiuta perché la cosa peggiore di chi sta male non è il male che soffre e basta, ma non trovare nessuno disposte ad accoglierlo, ad ascoltarlo, a fargli spazio.