Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo.
PRIMA LETTURA: At 4,13-21
Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato.
SALMO: (Sal 117)
Ti rendo grazie, Signore, perché mi hai risposto.
Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.
Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».
Mc 16,9-15
Originariamente il racconto di Marco si concludeva con la fuga delle donne dal sepolcro. Esse non riferiscono a nessuno il messaggio del giovinetto col quale annunciava la risurrezione di Gesù e l’appuntamento del Risorto dato a Pietro e agli altri discepoli in Galilea. Questa conclusione non convinceva molto per cui si sentì l’esigenza di aggiungere una seconda conclusione nella quale l’accento è posto sull’incredulità degli Undici apostoli alla testimonianza recata loro da Maria Maddalena e da altri due discepoli ai quali Gesù era apparso vivo. Tutto il racconto di Marco è caratterizzato dalla difficoltà degli apostoli di riconoscere la vera identità di Gesù. La poca fede va di pari passo con la graduale rivelazione di Gesù, il Figlio di Dio, che raggiungerà il suo culmine sulla croce. Lì la professione di fede è affidata nientemeno che ad un pagano e i primi evangelizzatori sono una donna e due contadini. La luce della Pasqua stenta a trovare spazio nel cuore degli apostoli che rimangono in lutto e in pianto. L’evangelista sembra dirci che non saremo mai donne e uomini pasquali se non ascoltiamo e condividiamo la gioia di coloro che realmente hanno fatto esperienza del Risorto. A volte siamo più gelosi custodi del dolore che cultori della speranza.
Questo racconto ci parla della gioia che nasce dalla speranza, capace di superare ogni tristezza. Osserviamo come la disperazione e la tristezza di Maria di Magdala si trasformano in una gioia così travolgente che non può tenersela per sé. Ed ecco che corre ad annunciare che il Signore è risorto, che la vita ha trionfato sulla morte! È una speranza che ci dona il coraggio di vivere anche i momenti di difficoltà del nostro cammino umano e spirituale.
Anche i discepoli, seppur inizialmente scettici, accolgono l’invito di Gesù: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo”. Ma cosa significa concretamente? Come fare al giorno d’oggi in cui la violenza e la cattiveria sembrano prevalere sulla pace e la giustizia? Non si tratta di inventarsi qualcosa di grandioso e straordinario.
Ma è necessario partire da noi, dalla nostra vita quotidiana e testimoniare con i fatti e non solo a parole la notizia più incredibile: Gesù è vivo, e il suo amore può cambiare le vite! Quando sorridiamo nonostante le difficoltà, quando offriamo una parola gentile a chi è triste, stiamo portando la luce della risurrezione nelle vite degli altri.
La risurrezione ci dona speranza e ci invita a essere messaggeri di questa speranza. Questo è un impegno che coinvolge ogni battezzato, ogni sua azione di amore, ogni sua parola di speranza. Impegniamoci, dunque, a essere portatori di buone notizie, a diffondere la luce della risurrezione in un mondo che spesso è avvolto dalle ombre. Che la nostra gioia sia contagiosa e la nostra speranza un faro luminoso per coloro che incrociamo sul nostro cammino.
La mensa degli Undici, spenta e triste, assomiglia a tante nostre assemblee domenicali nelle quali più che respirare un’aria di festa e di fraternità si percepisce un clima carico di tensione. È bene vivere la celebrazione eucaristica domenicale innanzitutto riconoscendo con umiltà le nostre chiusure mentali e le lentezze del cuore che frenano l’entusiasmo e la creatività nel praticare la carità fraterna. Mi piace immaginare che Gesù abbia indotto gli apostoli, Pietro in primis, a chiedere scusa a Maria Maddalena e agli altri due discepoli, per il fatto di non aver creduto alla loro testimonianza. La riconciliazione è rinuncia al proprio orgoglio per condividere fraternamente il dono della fede e istruirsi a vicenda imparando la carità gli uni dagli altri. La Chiesa evangelizza e può andare credibilmente verso il mondo se innanzitutto si lascia evangelizzare dando la priorità all’ascolto di Gesù che ammaestra i suoi discepoli attraverso i poveri che sono sempre con loro.