Il pubblicano tornò a casa sua giustificato, a differenza del fariseo.

PRIMA LETTURA: Os 6,1-6

Voglio l’amore e non il sacrificio.

SALMO: (SAL 50)

 Voglio l’amore e non il sacrificio.
Oppure:
Tu gradisci, o Dio, gli umili di cuore.

«In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
 
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Lc 18,9-14

Gesù ci mostra oggi due modi vivere la preghiera – e quindi il proprio rapporto col Signore e di conseguenza anche il rapporto/relazione con gli altri.

Il fariseo della parabola, una persona che ha una grande conoscenza delle leggi e le vive rigorosamente, pone valore in quello che pensa di essere: qualcuno migliore delle altri. La sua finisce per non essere una preghiera ma un monologo che lo allontana dal Signore e anche dai fratelli che ha attorno.

Anche a noi, nella nostra quotidianità, può capitare, dopo magari aver frequentato per anni percorsi/cammini di fede, di sentirci arrivati, di pensarci “bravi cristiani” portandoci poi a giudicare gli altri fratelli guardandoli dall’alto verso il basso. Quante volte ci capita di criticare o magari anche disprezzare qualcuno vicino a noi perché riteniamo che viva la fede in modo superficiale, antiquato o superstizioso?

Il pubblicano, una persona invece lontana dalle leggi e da Dio, nel pregare capisce di essere un peccatore, una persona con dei limiti e per questo chiede aiuto. Pone sé stesso in relazione con il Signore. Riconoscendosi fragile sa che anche i suoi fratelli lo sono e per questo non li giudica.

Anche noi, quando riconosciamo le nostre fragilità, i nostri difetti e affidiamo il tutto al Signore chiedendo la sua misericordia, possiamo sperimentare la grazia di relazionarci a Lui e agli altri in modo nuovo. La grazia di incontrare concretamente l’Amore misericordioso del Signore, superando l’immagine di un Dio autoritario che premia solo chi rispetta le Sue leggi e punisce chi le trasgredisce.

Da questo incontro con l’Amore vero, gratuito e disinteressato, può nascere poi quel modo di relazionarsi con l’altro, che non giudica la persona, ma che la ama in quanto fratello.