Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.

PRIMA LETTURA: 1Ts 4,9-11      

Avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri.

SALMO (Sal 97)

Il Signore viene a giudicare i popoli con rettitudine.

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».”

Mt 25,14-30

Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque” (25,20).

Il NT è annuncio della grazia, cioè di quell’amore che Dio riversa gratuitamente nella storia umana. Senza la grazia l’uomo non sarebbe capace di rispondere alla sua vocazione originaria. È questo il permanente principio che vivifica il cammino dell’umanità.

Questa certezza non deve però diventare un alibi, non attenua il nostro impegno per accogliere responsabilmente il dono ricevuto e collaborare con Dio per fare della creazione uno spazio in cui risplende la sua Gloria. Ed è quello che appare nella parabola dei talenti.

Dio considera l’uomo capace, anzi lo chiama a collaborare.

Non lo manda allo sbando né lo carica di pesi troppo grandi. Anzi, gli consegna i talenti necessari per svolgere il suo compito.

In origine, il talento era un’unità di misura economica, nel nostro linguaggio è usato per indicare le capacità che ognuno possiede. È interessante notare che Dio non solo ha fiducia nell’uomo, ma gli consegna tutto ciò di cui ha bisogno per realizzare la sua vita.

Con saggezza la parabola ricorda però che verrà il momento in cui dovremmo rendere conto della vita e ogni uomo sarà chiamato a dire se e come ha messo a frutto i doni ricevuti. La parabola mostra un ventaglio di risposte diverse.

Oggi ci soffermiamo sul primo servo, quello che subito si mette all’opera in modo da restituire con gli interessi i talenti che gli sono stati affidati.

Si tratta di restituire perché nulla ci appartiene, tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo è dono di Dio. L’apostolo Paolo ammonisce con queste parole quanti usavano le capacità per affermare se stessi: “Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto?” (1Cor 4,7).

Se tutto è dono, tutto deve diventare dono. Tutto! Senza eccezione.

La vita non cammina nei sentieri dell’affermazione orgogliosa di sé ma in quelli dell’umile servizio.

In fondo donare significa restituire, ricoperto di fango e cenere, tutto ciò che Dio ci ha dato.

È questa la fede che oggi chiediamo.