Fa udire i sordi e fa parlare i muti.

PRIMA LETTURA: 1Re 11,29-32; 12,19

Israele si ribellò alla casa di Davide.

SALMO: (Sal 80)

Sono io il Signore, tuo Dio: ascolta, popolo mio.

Oppure:

Fa’ che ascoltiamo, Signore, la tua voce.

«In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Mc 7,31-37

Oggi, il Vangelo ci presenta un miracolo di Gesù: restituì l’udito e districò la lingua a un sordomuto. La gente rimase stupita e diceva: «Ha fatto bene ogni cosa» (Mc 7,37).

Gesù è passato facendo del bene a tutti, prendendosi cura dei malati, dei poveri, dei peccatori. Il brano ci riporta la guarigione di un sordomuto e Gesù compie un grande miracolo: apre quelle orecchie, scioglie quella lingua. Si verificano gesti molto corporei e delicati: Gesù pone le dita sugli orecchi del sordo. Non ci sono parole, solo la tenerezza dei gesti.

Poi con la saliva tocca la sua lingua; è un gesto intimo, coinvolgente; come a dire: “Ti dono qualcosa di me!”, qualcosa che sta nella bocca dell’uomo, insieme al respiro e alla parola, simboli di vita. È un vangelo di contatti, di odori, di sapori. Gesù amava il contatto fisico. San Giovanni Paolo II ci insegna che i corpi sono luogo santo d’incontro con il Signore, un laboratorio del Regno, e la salvezza non è estranea ai corpi; anzi, passa attraverso di essi, che sono quindi non strade per il male ma scorciatoie per arrivare a Dio.

Questi gesti sono il segno di qualcosa che si realizza anche per noi: Gesù apre le nostre orecchie all’ascolto della parola di Dio, ci dà la possibilità di ascoltare, di fare nostra la parola del Signore. Gesù scioglie la nostra lingua e ci chiama ad una missione particolare: quella di proclamare la bontà e l’amore del Signore, e di portare la luce e la grazia del Vangelo e della redenzione a tutte le persone del nostro tempo, perché a tutti sia offerta l’esperienza dell’amore del Signore e il senso profondo e vero della propria esistenza.

Come Gesù anche noi siamo chiamati a fare bene ogni cosa, siamo chiamati ad amare il prossimo, a farci aiuto, vita per i malati, i sofferenti nel corpo e nello spirito. Effatà, apriti, come si apre una porta all’ospite, le braccia all’amore. Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite, attraverso le quali la vita esce e la vita entra. Se apriamo la nostra porta, la vita entra. Una vita guarita è quella che si apre agli altri: “E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della lingua e parlava correttamente”.

Prima gli orecchi però. Perché il primo servizio da rendere a Dio e all’uomo è sempre l’ascolto. Se non sappiamo ascoltare perdiamo la parola, diventiamo muti o parliamo ma senza toccare il cuore di nessuno. E forse una certa afasia della Chiesa oggi dipende dal fatto che non sappiamo più ascoltare, Dio e l’uomo. Sa parlare solo chi sa ascoltare. È un dono da chiedere instancabilmente per il sordomuto che è in noi: donaci, Signore, un cuore che ascolta.