La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

PRIMA LETTURA: At 9,1-20

Egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni.

SALMO: (Sal 116)

Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

«In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao».

Gv 6,52-59

Oggi, Gesù fa tre dichiarazioni capitali quali: che si deve mangiare la carne del Figlio dell’uomo e bere il suo sangue; che se non si fà la Comunione non si può aver vita; e che questa vita è la vita eterna ed è condizione per la risurrezione (cf. Gv 6,53.58). Non vi è nient’altro nel Vangelo che sia così chiaro, così evidente e definitivo come queste affermazioni di Gesù.

Questo brano, a un primo sguardo un po’ distratto e veloce, potrebbe generare parecchio scalpore. Bere il sangue di una persona? Mangiare la sua carne? Ciò che mi viene chiesto è scandalizzante!

Ma il messaggio necessita di andare oltre l’antropofagia, richiede di mettere da parte la nostra involontaria superficialità razionale. Per comprendere questo brano ci è necessario mettere la nostra anima alla presenza del Figlio di Dio, fatto della sua stessa sostanza divina. Quindi adesso immaginiamo di leggere nuovamente questo brano e di associare alla parola corpo e sangue un significato più profondo, molto più vicino alla vostra anima e alla divinità di Cristo.

Gesù sta sussurrando alla nostra interiorità la strada che ci può condurre alla Salvezza, ed è in questo contesto che mangiare la carne di Gesù e bere il suo sangue riesce a trovare il suo vero significato: si tratta della stessa carne e dello stesso sangue che si sono immolati nella croce, perché le scritture si adempissero e noi fossimo salvati dai nostri peccati. Allora, mangiare la sua carne e bere il suo sangue significa nutrire noi stessi con la verità e con l’amore che Dio ci ha donato attraverso suo Figlio, trovare la salvezza attraverso i suoi insegnamenti, trovare la salvezza attraverso la fede in Dio, unico e solo Dio, che ci ama così tanto da essere geloso dei nostri idoli. Infatti, dice la Sacra Scrittura, solo Dio può darci il nutrimento vero per salvarci, in quanto disceso dal cielo, mentre coloro che hanno mangiato il pane degli idoli hanno privato sé stessi della salvezza che Dio aveva destinato e donato loro.

“Mangiare per vivere”: mangiare la carne del Figlio dell’uomo per vivere come il Figlio dell’uomo. Questo mangiare si chiama “comunione”. Si tratta di un “mangiare”, e diciamo “mangiare” affinché rimanga chiara la necessità dell’assimilazione, dell’identificazione con Gesù. Si comunica per mantenere la unione: per pensare come Lui, per parlare come Lui, per amare come Lui. I cristiani avevamo bisogno dell’enciclica eucaristica di Giovanni Paolo II, La Chiesa vive dell’Eucaristia. Si tratta di un’enciclica appassionata: è “fuoco” perché l’Eucaristia è incandescente.

«Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15), disse Gesù la sera del Giovedì Santo. Dobbiamo recuperare il fervore eucaristico. Nessun’altra religione ha una simile iniziativa. È Dio stesso che scende fino al cuore dell’uomo per stabilire una misteriosa relazione d’amore. E da lì si costruisce la Chiesa e prende parte nel dinamismo apostolico ed ecclesiale dell’Eucaristia.

Stiamo toccando la profondità stessa del mistero, come Tommaso, che tocca le ferite di Cristo Risorto. Noi cristiani dovremo rivedere la nostra fedeltà al fatto eucaristico, così come Gesù lo ha rivelato e la Chiesa ce lo propone. Dobbiamo rivivere la “tenerezza” verso l’Eucaristia: genuflessioni pausate e ben fatte, incremento del numero delle comunioni spirituali… E, a partire dall’Eucaristia gli uomini ci appariranno sacri, così come sono. E li serviremo con una rinnovata tenerezza.