PRIMA LETTURA: Rm 9,1-5
Vorrei essere io stesso anàtema, separato da Cristo, a vantaggio dei miei fratelli.
SALMO: (Sal 147)
Celebra il Signore, Gerusalemme.
«Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: “E’ lecito o no guarire di sabato?” Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: “Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?”. E non potevano rispondere nulla a queste parole».
I farisei ascoltavano Gesù, cercavano di capire, si fermavano a pranzo con Lui, ma erano sempre troppo pieni di sé per accogliere la novità che egli portava. La scelta di questo tipo di malattia, non è sicuramente casuale, perché la malattia rappresenta un qualcosa infiltrato sotto pelle, proprio come le nostre idee, il nostro io, duro a morire al vecchio, per aprirsi al nuovo.
Eppure erano dotti e conoscevano le scritture, ma non riuscivano a comprendere che cosa significava veramente servire Dio, perché il loro servire non era mai disinteressato, non servivano veramente, ma volevano essere serviti in nome di Dio. Dio non lo adoravano, ma lo usavano, come molti ancora oggi si creano un Dio come gli fa più comodo. Gesù, che lo aveva compreso appieno, cercava di spronarli al cambiamento, e proprio per questo li provocava con le guarigioni del sabato.
In tutto ciò che può sembrare solo una provocazione, io però ci leggo una gran forma d’ amore, proprio per questo suo popolo, fatto di uomini duri che non riescono a comprendere le sue parole ed i suoi gesti.
Non dimentichiamo che offrivano olocausti e non sapevano ancora che stavano rifiutando l’olocausto per eccellenza, consideravano il sacrificio gradito a Dio e non riuscivano a comprendere di cosa sarebbe stato capace per amore di fare. Voler essere protagonisti è una gran forma di presunzione, che pur se nei farisei sembra più accentuata, non lo è poi così tanto rispetto agli altri uomini, perché è insita nella natura umana.
Stiamo dunque molto attenti a non sentirci migliori di loro, perché spesso siamo così orgogliosi da non accettare di essere ripresi, ci sentiamo giusti e santi senza neanche lodare Dio che è l’unico dal quale ci viene tutto ciò che è buono; mi viene in mente una frase di un salmo di Davide che forse non c’entra nulla con la pagina d’oggi, ma mi fa pensare a stare sempre con i piedi per terra: – riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi – Per essere graditi al Signore, dobbiamo cercare a tutti i costi di uscire dalla nostra mentalità umana e sbriciolare davanti a Gesù il nostro io, farlo cadere e riempirci a mano a mano delle briciole che sapremo raccogliere dalla parola di Dio, senza edificare strutture, che possono impedirci di coglierne il senso, ma lasciandoci plasmare dagli strumenti dei quali Dio ci dota attraverso lo Spirito Santo.