Il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra.
PRIMA LETTURA: Eb 4,1-5.11
Affrettiamoci a entrare in quel riposo.
SALMO (SAL 77)
Proclameremo le tue opere, Signore.
“Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni
giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era
più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non
potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto
nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui
era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico:
«Figlio, ti sono perdonati i peccati».
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla
così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù,
conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché
pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico
“Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e
cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di
perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati,
prendi la tua barella e va’ a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne
andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto
nulla di simile!».”
Cose malvage pensate nel cuore. Il nostro pensar bene di
Dio e della vita si infrange sullo scandalo di una paralisi. Il potere che
esigiamo da Dio è quello di scioglierci dai nodi dell’esistenza. Crediamo?
Senza dubbio. Ma in un totem che risolva il contingente. Quelle situazioni che
ci angosciano e che vorremmo cancellare. Le cose malvage pensate nel cuore
altro non sono che il nostro modo di tentare Dio per trascinarlo su cammini che
non gli si addicono. Un taumaturgo piegato ai nostri desideri.
E non lo conosciamo. E non ci conosciamo. Vi è una sola paralisi: il peccato. E
Dio si confronta con il peccato, dove si cela il male, il mistero
dell’iniquità. Vorremmo capire i perché di tante atrocità, di tante
ingiustizie. Ma rifiutiamo di accettare che esista una radice del male; il
pensiero unico che domina la nostra cultura esclude anche la possibilità di
prenderla in considerazione. Mentre il peccato è accovacciato alla nostra
porta, insinuato nel nostro cuore. Da esso sgorgano tutti gli abomini. Adagiati
nel peccato pensiamo cose malvage. Non riconoscerlo, guardarlo con supponenza,
sorvolarne la serietà e la drammaticità è dare del bestemmiatore a Gesù.
Significa essere nemici della sua Croce. Ignorare il peccato è ignorare
Dio, il suo potere, il suo amore. Restare appiattiti sulle sue conseguenze,
cercando come eluderle, dimenticando la Rivelazione che indica nel peccato la
radice di ogni male, anche quelli che chiamiamo malattie o disastri naturali,
conduce a pensare male di Dio, o a escluderlo dalla vita; non possiamo
accettare un Dio che sembra non agire contro le ingiustizie, e preferiamo
dimenticarlo, o cercare comunque e ad ogni costo un capro espiatorio su cui
riversare il dolore e il risentimento. Il giustizialismo e l’indignazione di
questi tempi nascondono negli armadi gli scheletri di una società che ha
legittimato l’omicidio più efferato, quello perpetrato sulle creature più
indifese. Il cortocircuito demoniaco stringe come un cappio mortale le nostre
vite, cadute nell’illusione che si possa vincere il male con un male più grande
travestito da bene. La paralisi non indica il disordine del peccato, è
piuttosto un incidente cui ribellarsi: agli occhi degli scribi quel paralitico
non è uno schiavo di cui avere misericordia, ma un’occasione di scandalo di fronte
alla quale reagire con la malvagità che colma i loro cuori. E così, per loro,
chiudersi alla misericordia diviene la bestemmia contro lo Spirito Santo, il
peccato che non potrà essere perdonato.
La Scrittura ci rivela che la morte è entrata nel mondo per invidia del demonio
e ne fanno esperienza quelli che gli appartengono. E il male si spande. Anche
sugli innocenti. Ma noi, che innocenti non siamo, ne siamo schiavi,
paralizzati, stesi sul letto della solita vita, dei soliti peccati. Vi è
un solo cammino per guarire: guardare in faccia la Verità, lasciarci giudicare
dalle Parole d’amore di Gesù. In Lui i peccati sono rimessi e sperimentiamo la
vera liberazione, perché il mistero del male si svela nel perdono.
Il perdono ci fa accettare le conseguenze dei
nostri peccati e, in esse, le conseguenze dei peccati di ogni uomo. Da questa
attitudine nasce l’umiltà e spariscono i pensieri malvagi, i giudizi, la
malizia. Sulla roccia della Verità si infrangono le onde del male, e sorge un
pensiero nuovo, di pazienza e misericordia. Nella Verità si dischiude la
porta della vita davanti ad ogni peccatore, a ciascuno di noi: lasciarsi amare,
riconciliare, perdonare. Accettare d’essere peccatori, e gettarsi tra le braccia
del Signore. Ai Suoi piedi, piangendo e implorando. Aiutati e accompagnati
dalla Chiesa. Come Gesù che è mosso dalla fede degli amici del paralitico a
compiere il miracolo del perdono riconsegnando forza e vigore alle membra
paralizzate.
Per questo abbiamo bisogno della comunità, dei pastori e dei fratelli, del
Popolo santo che è capace, per amore del povero e del debole, di scoperchiare i
tetti “nel punto dove è Gesù”. E’ la Chiesa che apre per noi un
cammino distruggendo pareti e tetti che ci accerchiano e ci impediscono di
andare a Cristo. E’ la comunità che “cala il lettuccio su cui giace il
paralitico”, dove ci troviamo noi oggi, con le nostre vite senza senso e
allegria, e, senza giudicare e senza esigere, con tenerezza e pazienza, ci
conduce al trono della misericordia. Occorre dunque lasciarci calare sino
ai piedi di Gesù, scendere dalle altezze dei nostri sogni e delle alienazioni.
Per conoscere il potere di Dio, la Sua vittoria sul peccato e sulla morte. Per
essere liberati e tornare a casa, nella storia di ogni giorno con il letto che
è la memoria dei nostri peccati e la consapevolezza della nostra debolezza. A
noi la memoria di quello che siamo, a Gesù l’amore e il perdono. Solo così
potremo vivere risanati, abbandonati alla sua fedeltà senza nulla presumere di
noi stessi.