Fa udire i sordi e fa parlare i muti.
PRIMA LETTURA: 1Re 11,29-32; 12,19
Israele si ribellò alla casa di Davide.
SALMO: (Sal 80)
Sono io il Signore, tuo Dio: ascolta, popolo mio.
Oppure:
Fa’ che ascoltiamo, Signore, la tua voce.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Mc 7,31-37
Dopo la guarigione della figlia della donna siro-fenicia, Gesù si tuffa in territori off limits. Uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. La Decapoli era un raggruppamento di dieci città ad oriente del Giordano, del fiume Giordano, organizzata dai Romani già sessanta anni prima della nascita di Gesù con una formazione culturale greco romana in piena opposizione alle tradizioni semitiche di Israele. Ebbene Gesù va proprio lì ad annunciare il Regno.
Probabilmente vuole darci qualche anticipazione circa il lavoro di evangelizzazione che poi così bene porterà avanti San Paolo, uscendo dai confini giudaici. A Gesù è sempre più chiara la sua missione: l’universalità della salvezza. Il Regno va annunciato a tutti gli uomini, perché tutti hanno bisogno di essere salvati e non solo il popolo d’Israele. Tutti gli uomini vivono la fragilità della colpa e del peccato, ciascuno porta il peso di un dolore e cerca chi possa sostenerlo. Così oggi in terra della Decapoli ecco presentarsi un sordo muto.
Quest’uomo, chiuso nel suo isolamento, somiglia anche a noi, quando ci viene voglia di spegnere la comunicazione, quando non riusciamo più a esprimere quello che sentiamo dentro. E possono essere tante le motivazioni: a volte ci si isola per il dolore, per il male che viviamo, per difenderci…
Ma Gesù pronuncia su quest’uomo una parola bellissima: “Effatà”. Una parola che oggi arriva dritta dritta al nostro cuore: “Apriti!”.
Un sordo muto porta un dolore enorme, perché il suo è un dolore muto, inespresso. Non può parlare di sé, non può raccontarsi; un dolore non comunicato è assurdo, un dolore vissuto nella solitudine è straziante. Come avere sempre un nodo in gola e non tirar fuori mai nulla, se non pianti continui ma anch’essi muti. Il sordo muto è simbolo di una umanità che grida silenziosamente ad un salvatore. E il salvatore Gesù capisce che anche in terra “nemica” i figli sono i figli dello stesso Padre che è nei cieli. Siamo tutti da salvare, dal primo uomo fino all’ultimo di questa drammatica e meravigliosa storia dell’umanità.
Apri la tua mente, apri il tuo cuore, apri la tua capacità di amare, apri la tua capacità di vivere. Vivi una vita aperta.
Chi crede non può essere uno chiuso. Per credere bisogna essere assolutamente aperti, assolutamente capace di dialogo, di confronto, assolutamente capaci di comunicare, di condividere. Perché soltanto quando i sensi sono spalancati, si riesce a capire qualcosa della realtà, di Dio e forse anche di noi stessi.
“Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità.” (S. Agostino)