Chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato.
PRIMA LETTURA: Bar 1,15-22
Abbiamo peccato contro il Signore, gli abbiamo disobbedito.
SALMO: (Sal 78)
Salvaci, Signore, per la gloria del tuo nome.
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato».
Lc 10,13-16
Oggi, vediamo Gesù che rivolge il suo sguardo su quelle città della Galilea che erano state oggetto della sua preoccupazione dove Lui aveva predicato e realizzato le opere del Padre. In nessun posto come a Corazìn, Betsàida e Cafàrnao aveva predicato e fatto miracoli. La semina era stata abbondante, ma la raccolta non fu buona. Neanche Gesù poté convincerli! Che mistero, quello della libertà dell’uomo! Possiamo dire di “no” a Dio… Il messaggio evangelico non si impone con la forza, ma solo si offre, e io posso chiudermi ad esso; posso accettarlo o rifiutarlo. Il Signore rispetta completamente la mia libertà. Che responsabilità!
Le espressioni di Gesù: «Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida!» (Lc 10,13) al termine della sua missione apostolica esprimono più sofferenza che condanna. La prossimità del Regno di Dio non fu per quelle città una chiamata alla penitenza e alla conversione. Gesù riconosce che a Sidone e a Tiro avrebbero sfruttato meglio tutta la grazia dispensata tra i Galilei.
La delusione di Gesù è più grande quando si tratta di Cafàrnao. «Sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!» (Lc 10,15). Qui Pietro aveva la sua casa e Gesù aveva fatto di questa città il centro della sua predicazione. Ancora una volta vediamo un sentimento di tristezza piuttosto che una minaccia in queste parole. Lo stesso potremmo dire di molte città e persone della nostra epoca. Credono di prosperare, mentre in realtà si stanno distruggendo.
«Chi ascolta voi ascolta me» (Lc 10,16). Queste parole con cui si conclude il Vangelo sono una chiamata alla conversione e sono cariche di speranza. Se ascoltiamo la voce di Gesù siamo ancora in tempo. La conversione consiste nel fatto che l’amore superi progressivamente l’egoismo nella nostra vita, e questo è un lavoro in continuo divenire. San Massimo ci dirà: «Non c’è nulla di così gradevole e amato da Dio come il fatto che gli uomini si convertano a Lui pentendosi sinceramente».
Le parole di Gesù suscitano un certo timore perché ci ricordano che la vita è un dono del quale siamo amministratori e custodi. Come tali daremo conto della nostra vita nel giudizio finale nel quale ognuno raccoglierà ciò che avrà seminato. Su cosa verterà il giudizio finale? Sul fatto che siamo stati saggi o stolti.
Il saggio è colui che sa ascoltare e accogliere la sapienza di Dio per tradurla in scelte di vita che sono come il seme dal quale nascono i frutti della carità. Al contrario, lo stolto è colui che “snobba” i profeti, voce di Dio, convinto di poter fare a meno di una parola che illumina, corregge e guida la libertà nel compiere le scelte.
Il saggio matura la convinzione di aver continuo bisogno di convertirsi e di sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda del Signore per meglio inserirsi nella sinfonia e nella coralità dei carismi e dei servizi di cui è composta la comunità. Lo stolto, incurante di Dio e dei fratelli, confonde l’emotività con la volontà e si lascia strascinare dalle sue ambizioni piuttosto che da un autentico spirito di servizio.
Il saggio impara ad amare come Dio ama l’uomo e, crescendo nella fede in Lui, non teme di lasciare qualcosa o addirittura la propria vita, perché sa bene che donarla non significa perderla ma guadagnarla; infatti, egli si dispone a riceverla dalle Sue mani. Lo stolto sbaglia a valutare e a giudicare perché assume come criterio quello dell’utile personale.
In tal mondo, non vedendo al di là del proprio naso, più facilmente cade negli inganni del maligno non rendendosi conto che ciò che crede di costruire non è nient’altro che la sua tomba.