Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.

PRIMA LETTURA: Am 8,4-7

Ora cesserà l’orgia dei dissoluti.

SALMO: (Sal 145)

Loda il Signore, anima mia.

SECONDA LETTURA: 1 Tm 6,11-16

Conserva il comandamento fino alla manifestazione del Signore.

«In quel tempo, Gesù disse ai farisei:

«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.

Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.

Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.

E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Lc 16,19-31

Il brano del Vangelo di questa 26a domenica del tempo ordinario ci presenta una delle parabole più belle ed istruttive sul valore della vita, sul non senso della ricchezza, sulla carità principio fondamentale di ogni etica e non solo quella cristiana. La ricchezza che porta al benessere, alla soddisfazione dei piaceri del corpo rappresentata nel brano del Vangelo odierno dal ricco e gaudente epulone che alla fine vive solo per soddisfare i suoi bisogni corporali e dall’altra l’icona del povero Lazzaro, privato di tutto ciò che è necessario anche per la propria salute fisica e personale, che è costretto a racimolare qualcosa della mensa del ricco per poter sopravvivere.

Al centro del Vangelo di oggi il drammatico dialogo tra Abramo e il ricco. Ma dopo averlo ascoltato, sarebbe riduttivo affrettarsi a concludere che, se il ricco è stato bene e ha goduto in vita, è bene che ora soffra, mentre il povero Lazzaro, affamato e trascurato in vita, è giusto che ora goda, accolto da Abramo. Sarebbe una banalizzazione del messaggio di Gesù, uno svuotare la proposta cristiana della sua carica e della sua vitalità, riducendola a forza di consolazione e di sublimazione per una vita “disgraziata” da cui fuggire.

Il cristianesimo non è un diversivo né una forza di dissuasione dalla realtà. Tutt’altro! Così indicano alcuni particolari di questo racconto. Anzitutto, il ricco è uno senza nome. Forse perché egli può avere il nome di ciascuno di noi, i suoi atteggiamenti possono essere anche i nostri. Ma, ancora di più, il ricco è un “senza nome” perché la sua storia, i suoi progetti e le sue relazioni si identificano con la sua ricchezza: la ricchezza è la sua vera identità. Il povero, al contrario, ha un nome: Lazzaro, lo stesso nome dell’amico di Gesù. Ogni povero infatti è amico di Gesù; anzi, ogni povero è Gesù stesso!

“Il povero morì e fu portato nel seno di Abramo … il ricco nell’inferno! … Tra noi e voi è stato fissato un grande abisso!”. Un modo chiaro per giudicare e condannare il modo di fare del ricco, le sue scelte senza cuore. Egli non viene condannato per la sua ricchezza, né per il suo far festa, ma per la sua indifferenza. Il suo vero peccato è l’indifferenza! Egli non vuole accorgersi che davanti alla sua porta, a un passo dalla sua tavola traboccante di ogni bene, c’è un povero, Lazzaro, che lo interroga con la sua presenza, fatta di piaghe ben visibili e di fame altrettanto evidente.

Il primo passo, dunque, per colmare la distanza che spesso ci separa dai “poveri” è accorgersi della loro esistenza. E quando non ci si impegna ad accorciare le distanze sulla terra, queste diventano “abisso” nell’eternità. Più avanti, alle richieste di Abramo segue la sconsolata constatazione di Gesù: “… non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Non sono i miracoli, veri o presunti, né le vere o presunte “visioni” a cambiare il cuore dell’uomo. L’uomo si apre alla conversione se ascolta il “grido del povero”. Ma per poter intercettare quel “grido”, per lasciarsi convertire da quelle piaghe e dagli stenti di chi ha fame bisogna essere “frequentatori” assidui dei poveri, coloro con cui Gesù si è identificato!

Ed è l’assiduo ascolto della Parola di Dio che affina la nostra sensibilità e ci insegna a riconoscere chi soffre, spesso a un passo da noi.