Se aveste fede!

PRIMA LETTURA:  Ab 1,2-3;2,2-4

Il giusto vivrà per la sua fede.

SALMO (SAL 94)

Ascoltate oggi la voce del Signore.

SECONDA LETTURA: 2 Tm 1,6-8.13-14

Non vergognarti di dare testimonianza al Signore nostro.

“In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
 
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
 
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
 
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».”

Lc 17,5-10

«Aumenta la nostra fede!» (Lc 17,5).Gesù risponde all’invocazione degli apostoli parlando di una fede piccolissima come le dimensioni quasi microscopiche di un granellino di senape. Alla richiesta degli apostoli di possedere una fede grande e abbondante, Gesù fa corrispondere l’esempio di uno dei semi più piccoli esistenti in natura.

Che cos’è la fede? Prima di essere adesione consapevole a delle verità da credere e a dei principi morali da praticare, la fede è l’esperienza di un incontro, è la scoperta meravigliosa di una alleanza, è l’intreccio tra la nostra personale iniziativa di libertà e l’iniziativa del Padre, per mezzo del Figlio, morto, sepolto e risuscitato una volta per tutte, che è già arrivata per prima ad abbracciare la nostra esistenza e si manifesta mediante il dono gratuito dello «Spirito Santo che abita in noi» (2Tm 1,14b).

«Aumenta la nostra fede!»: diventa allora una invocazione urgente in questo nostro contesto culturale dove prevale l’esaltazione della libertà individuale, si impone la ricerca dell’autorealizzazione confidando esclusivamente nelle potenzialità della mente umana, con una sorta di assolutizzazione della coscienza individuale, in grado di bastare a se stessa. Anche quei cristiani, poco perseveranti nella lettura orante della Parola di Dio, distaccati da un senso profondo di appartenenza al Corpo di Cristo ecclesiale alimentato dalla frequenza alla comunione eucaristica, corrono il pericolo di interpretare la propria vita come una avventura individuale, senza essere consapevoli che il destino dell’esistenza umana è determinato dall’intrecciarsi incessante tra la propria libertà e la Libertà di Dio, tra la propria iniziativa umana e l’iniziativa del Padre, per mezzo del Figlio, mediante la «forza di Dio […], lo Spirito Santo che abita in noi» (2Tm 1, 8b.14b).

«Aumenta la nostra fede!»: essere piccolissimi come un granellino di senape significa riconoscere la profonda differenza o asimmetria tra la nostra libertà e quella divina. Significa diminuire al massimo la confidenza esclusiva sulle nostre capacità umane di cavarcela da soli per risolvere le sfide della vita. Significa riconoscere la radicale povertà della nostra condizione umana e consegnarci fiduciosamente a Dio, che già abita in noi, è sempre il nostro Emmanuele, il Dio con noi, è Colui che non ci abbandona mai, è l’Artefice della nuova ed eterna alleanza con tutta l’umanità, grazie alla venuta del Figlio, grazie alla sua morte, sepoltura e risurrezione, grazie al dono dello Spirito Santo.

Quando avviene questa “resa”, o questa “consegna” fiduciosa, possono succedere cose umanamente inconcepibili, impossibili, paragonabili al gelso che si sradica da solo e si trapianta nel mare. Il linguaggio assurdo di Gesù serve per dirci di avere coraggio a far diventare piccola la nostra iniziativa umana, per lasciare più spazio di azione allo Spirito Santo che già abita in noi. Nella polarità tra la nostra legittima volontà e la volontà di Dio, essere come un granellino di senape significa imparare a farci umili per orientare tutte le nostre scelte quotidiane nel discernimento della volontà di Dio, avendo sempre più un cuore distaccato dai nostri progetti, dalle nostre sicurezze materiali e culturali. Dunque si realizza ciò che Maria canta: «Grandi cose fa in noi l’Onnipotente, che guarda all’umiltà del nostro essere suoi servi umili, poveri, senza utile, inutili»

La fede piccolissima come un granellino di senape corrisponde al nostro essere predisposti ad un agire pienamente responsabile, facendo tutta la nostra parte, mettendoci tutto ciò che siamo e che abbiamo, consapevoli però di non poter mai farcela da soli. Il riconoscimento consapevole della nostra radicale povertà ci fa agire da umili, da servi senza utile, come gli schiavi del tempo di Gesù, cioè da veri discepoli di Gesù, compartecipanti alla sua morte di croce: è l’agire estraneo alla logica commerciale del “ti do se tu mi dai”, ma sensibile alla logica del “mi do senza che tu mi dai”.

Come lo schiavo, nella casa del padrone, faceva tutto quello che doveva fare senza ricevere il salario, così Gesù, nel mistero della sua incarnazione, e soprattutto quando fu crocifisso una volta per tutte, si consegnò senza pretendere nessuna ricompensa, rivelando l’esuberanza della gratuità dell’amore divino verso tutta l’umanità. Gesù è il primo schiavo obbediente fino alla morte e alla morte di croce, esaltato per questo atto di consegna radicale. Noi, come Gesù, vogliamo scegliere di essere umili, per essere esaltati, sapendo che i potenti, cioè coloro che confidano unicamente nelle loro forze, saranno detronizzati. Incredibilmente, chi si “arrende” e si “consegna” alla forza dello Spirito Santo che abita in lui, cambia di sguardo verso la vita e le situazioni che sta affrontando. Riesce a cogliere Dio che parla ed evangelizza nella carne degli ultimi, dei radicalmente impoveriti dalla malattia e dalla vulnerabilità della condizione umana.

Chiediamo al Cristo risorto di avere un animo retto, per non soccombere sotto il male della rapina, della violenza, delle liti e delle contese, che avvengono a causa dei cuori induriti dalla pretesa di bastare a se stessi, confidando esclusivamente nella loro iniziativa umana (Cf. Ab 1,2-3; 2,2-4). Possiamo essere annoverati anche noi tra questi operatori di iniquità e di oppressione, se induriamo il nostro cuore rendendolo impermeabile alla chiamata che il Cristo risorto ci propone: scegliere il cammino dell’umiltà come nostro stile di vita. L’incontro orante quotidiano con la Parola di Dio ci faccia scoprire la presenza viva della Libertà di Dio, cioè lo Spirito Santo che abita in noi. Far diventare piccolissima come un granello di senape la nostra libertà individuale per conformarla alla volontà di Dio non è un annullamento di noi stessi, ma sarà la vera nostra esaltazione, perché, grazie a questa consegna fiduciosa, sappiamo che «il giusto vivrà per la sua fede» (Ab 2,4).