Non è inutile festeggiare gli anniversari come questo della mia vestizione che quest’anno raggiunge i 32 anni. Quella tonaca ce l’ho ancora, molto rattoppato, ma resiste al tempo, poi ne sono venuti altri naturalmente. In quel giorno, festa della Natività della Beata Vergine Maria, nella mia mente c’erano tante fantasie romantiche, tipicamente francescane e clariane,come un desiderio di accorciare la distanza tra epoca di fine II millennio e tempo medievale. Sono contenta di essermi appropriata in questi anni anche della dimensione Cappuccina, una variante molto interessante nella grande famiglia clariana, nata proprio qui a Napoli, in questo luogo dove appunto 32 anni fa ho fatto la vestizione. Nuovo abito nuova vita. Ho fatto fatica ad abituarmi ad avere sempre la” gonna” io che ero abituata ai pantaloni H24 Tranne i momenti di festa.. e se da un lato mi piaceva entrare nell’alveo di tante donne interessanti, resilienti e coraggiose che avevano indossato la tonaca come me, dall’altra negli anni mi sono chiesta come mai non c’è stato ancora il coraggio di pensare a un cambiamento che ricordasse che viviamo nel III millennio e non nel Medioevo o nell’età moderna. L’abito deve testimoniare al mondo a chi e a cosa appartieni. E se le persone immediatamente riconoscono che siamo francescane, clariane- cappuccine, non direi che pensano a donne di oggi proiettate in un futuro incerto e liquido, ma ci incorniciano in fermi immagini di un passato Glorioso ma che non sfiora le loro vite. Vorrei essere una stilista creativa capace di proporre un abito monastico che dicesse da solo senza spiegazioni la nostra appartenenza a Dio alla variante cappuccina della grande famiglia francescana, e soprattutto testimoniasse il mio essere una donna del XXII secolo dopo Cristo. Qualche passo in avanti l’abbiamo fatto speriamo un qualcosa di più audace ed evangelico! Infatti a volte per conservare un certo passato ci si dimentica il prezzo da pagare che a volte poco ha a che fare con la scelta di povertà.
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