Jerónima Maria Agnese nasce il 1 Settembre del 1592 a Barcellona da don Cristoforo Astorch e da donna Caterina, era ultima di quattro figli e non fece in tempo a conoscere la mamma in quanto morì dieci mesi dopo la sua nascita.

Dopo la morte della mamma, Jerónima fu affidata ad una nutrice e all’età di cinque o sei anni, nel 1597/’98 rimase anche orfana del padre.

La sorella Isabella seguiva il gruppo attratte dalla spiritualità di Angela Serafina Prat ed anche lei, ben presto, fu legata a questa vicenda delle cappuccine. Nel 1599, a sette anni, avendo mangiato delle mandorle amare, era rimasta come morta, si stava già provvedendo alla sepoltura quando in un’estasi Madre Serafina la fece tornare in vita; e la stessa Jerónima scrive: “La mia fanciullezza finì a sette anni: in seguito fui già donna di giudizio e assai accorta, quindi paziente, misurata, silenziosa e veritiera”.

I suoi tutori a nove anni, nel 1601, la fecero studiare, imparò così a leggere, scrivere ed a eseguire lavori femminili; in lei comparve una vera passione per i libri, specialmente quelli in latino.

Su di lei si facevano brillanti progetti per il suo futuro, ma lei volle seguire l’esempio della sorella e così chiese di entrare in monastero, dopo alcune perplessità dei parenti e vista la sua maturità superiore alla sua età di undici anni, poté realizzare il suo desiderio.

Il 16 Settembre del 1603 Jerónima varcò la soglia della clausura portando con se i suoi sei volumi di breviario in latino, che sapeva leggere perfettamente.

Nella vestizione le fu dato il nome di Maria Angela e il suo cammino spirituale fu accompagnato da un esperto confessore, Martino Garcìa, che aveva vissuto da eremita per dieci anni. Maria Angela voleva cercare di imitare la fondatrice Angela Serafina Prat e la sorella Isabella.

La madre maestra, suor Vittoria Fàbregas, era molto rigida con lei tanto da proibirle l’uso dei libri latini; ma il latino gli sbocciava dalle labbra con una conoscenza della Sacra Scrittura, dei santi padri e del breviario tanto che qualche vescovo e alcuni teologi affermarono che era scienza infusa.

Cinque anni dovette passare come aspirante, a causa della sua età, ma in regime di noviziato. Il 7 settembre del 1608 iniziò il vero e proprio noviziato, sotto la direzione discreta e volutamente distaccata della sorella come maestra.

Per la sua cultura superiore le fu dato il compito di essere la “maestrina” delle compagne di noviziato.

L’8 settembre del 1609 emise la professione nelle mani di suor Caterina de Lara, succeduta alla fondatrice morta l’anno precedente.

Intanto la nuova congregazione cappuccina si espandeva ed il 19 maggio 1614 la madre Maria Angela con altre cinque sorelle furono inviate a fondare un monastero a Saragozza. Suor Maria Angela aveva l’incarico di maestra delle novizie e di segretaria ed il separarsi dalla sorella le costò molto, la quale dopo due anni ed a soli 36 anni morì. Il viaggio verso Saragozza fu un vero disastro, infatti carro e cavalli si ribaltarono.

Nel nuovo monastero, denominato nostra Signora degli Angeli, Maria Angela fu nominata “formatrice di una generazione di cappuccine”.

Nel 1624 divenne vicaria e tre anni dopo abbadessa. Rimase sempre “corretrice di coro”, cioè responsabile dell’esattezza delle cerimonie e della dignità della recita del breviario.

Nel 1627, all’inizio del suo abbadessato, ottenne da papa Urbano VIII l’approvazione delle costituzioni delle cappuccine spagnole.

Maria Angela consapevole dell’importanza della conoscenza della regola, per la santificazione di ogni istituto, insisteva affinché tutte le suore la studiassero continuamente e nel suo monastero ogni inizio di mese la si leggeva a refettorio perché, come diceva, anche le analfabete la potessero imparare. Nelle conferenze spirituali parlava con tale unzione che un vescovo arrivò a rammaricarsi che non fosse sacerdote. Una madre che non si risparmiava: pronta a tutti i lavori, in cucina, lavanderia, infermeria, orto.

Condivideva con i poveri le elemosine del monastero e soccorreva generosamente i bisognosi per quel poco che aveva. Quando Saragozza fu invasa da fuggitivi cenciosi, provenienti dalla Catalogna, distribuì ad alcune povere i vestiti che le novizie avevano portato nel secolo.

La sua spiritualità divenne ancora più profonda, una spiritualità tutta biblica e liturgica. Tutti i misteri di Cristo e di Maria, gli angeli e santi trovavano risonanze profonde nel suo cuore, con visioni e illuminazioni superne.

Ai santi si rivolgeva con grande familiarità e tra essi prediligeva dodici che chiamava il suo “concistoro” celeste come maestri ed avvocati per le virtù e le stesse necessità concrete: san Giovanni Evangelista, modello nell’amore; san Francesco d’Assisi, nella perfetta fedeltà alla regola; sa Benedetto, nella purezza; la sua madre santa Chiara, in tutte le perfezioni.

Il breviario ispirava e inquadrava in forma progressiva la sua vita interiore, scriveva nel 1642: “ Mi succede spessissimo che, nel cantare i Salmi, il Signore mi comunica, per effetti interiori, quello stesso che sto cantando, in modo che posso dire che veramente canto i sentimenti interiori del mio spirito e non la lettera dei salmi. Mi pareva che il Signore si fosse costituito mia maestro e dichiaratore di quanto dicevo e cantavo, rendendomi capace delle infinite verità della Sacra Scrittura”.

Nel monastero di Saragozza dimorò circa una trentina d’anni, la comunità era cresciuta sia in numero che in qualità e lo spazio era diventato insufficiente.

Il desiderio di Maria Angela di voler propagare l’ordine fu realizzato in seguito ad un sacrilego successo a Barcellona da parte delle truppe di Luigi XIV che avevano profanato alcune chiese.

Il canonico, Alessio de Boxadòs, pensò di erigere un monastero di clarisse col titolo di “Esaltazione del Santissimo Sacramento” e si mise in contatto con le cappuccine.

Il 2 giugno 1645 cinque monache guidate dalla madre Maria Angela insieme al canonico si misero in viaggio alla volta di Murcia. Anche questa volta il viaggio fu disastroso a causa del sonno che colpì il cocchiere cadendo sotto le ruote del carro. Solo la fede delle suore lo fece rinvenire e proseguire il viaggio.

Una solenne processione inaugurò il nuovo monastero di Murcia intitolato al SS. Sacramento in armonia con i sentimenti della beata Angela la quale vedeva ricapitolata tutta la cristologia nell’Eucaristia; riuscì, anche, a introdurre la comunione quotidiana tra le sue religiose. Il monastero divenne centro di spiritualità.

Durante la peste che imperversò nel 1648 le religiose furono risparmiate, come pure furono risparmiate dalle periodiche inondazioni del fiume Segua nel 1651.

Le suore dovettero rifugiarsi in una residenza estiva dei gesuiti in montagna per tredici mesi in attesa che il monastero fosse restaurato. Rientrate il 22 settembre 1652, un anno dopo dovettero ritornare alla residenza di montagna a causa di una nuova inondazione.

Tornata finalmente al suo monastero continuò l’ufficio di abbadessa fino al 1661. entrando nei suoi 70 anni avrebbe voluto ritirarsi tutta “sola con il Solo”. Ottenne la grazia di diventare inabile al disimpegno dei lavori e così poté dedicarsi totalmente alla vita contemplativa.

A metà novembre 1665, in seguito ad alcuni attacchi epilettici, ricuperò la memoria e l’intelligenza. Ma era la fine. Si sentiva in croce. Cantava qualche volta il Pange lingua, in attesa del suo “sposo di sangue” che infatti giunse a prenderla il 2 dicembre 1665 all’età di 75 anni.

Tre anni dopo, nel 1668, fu aperto il  processo ordinario nella diocesi di Cartagena-Murcia.

Dopo un lungo silenzio venne ripreso nel 1688 e portato avanti.

Il suo corpo rimasto sempre incorrotto, nonostante la profanazione della guerra civile spagnola del 1936-’39, è conservato nel nuovo monastero di Murcia.

Papa Giovanni Paolo II il 23 maggio del 1982 la dichiarava beata.