Brescia 4 Ottobre 1687 – Brescia il 21 Luglio 1737
Nacque a Brescia il 4 Ottobre 1687 da Francesco Leopardo, conte di Barco, e da Margherita dei conti Secchi d’Aragona, a causa di un parto difficile le costò la vita, venne subito battezzata in casa col nome materno, Margherita, per paura che morisse; le cerimonie esterne furono rinviate al 21 Agosto del 1691 con il battesimo della sorella Cecilia, nata in seconde nozze del genitore, con Elena Palazzi.
Nel 1693, per la sua intelligenza precoce, fu educata con cura alla scuola delle Orsoline. La maestra Isabella Marazzi la addestrò alla preghiera e allo studio, come letture, Margherita, preferiva il breviario ed aveva sempre in mano la corona. Fu molto amante della lettura, lei stessa nella sua autobiografia dice: “avevo tutto il mio contento nel leggere”, si procurò una cultura non comune nelle lettere italiane e latine che la preziosa biblioteca paterna poteva offrire.
Ricorda un fatto miracoloso della sua fanciullezza, quando durante un viaggio in carrozza trainata da sei cavalli, improvvisamente cascò fuori e sarebbe stata travolta e stritolata se il tocco di una mano invisibile non l’avesse allontanata dal pericolo.
Il 14 Ottobre 1698 entrò nel monastero-educandato delle agostiniane di Santa Maria degli Angeli, dove erano come religiose due zie materne, per continuare la sua formazione.
La sua prima comunione fu per lei drammatica a causa della caduta a terra della sacra particola, lei dovette prenderla con la lingua, scossa da un tremore freddo come se fosse giudicata inadeguata dal Signore. Accentuò, quindi, il suo impegno di mortificazione e meditazione.
Nell’agosto del 1699 le due zie erano diventate soffocanti e lei chiese al padre di poter passare nell’educandato del monastero benedettino di Santo Spirito.
Restò alcuni mesi in famiglia, in vacanza, sulle belle montagne intorno al lago d’Iseo. In questo luogo cominciò a sentire un’attrattiva sensibile per la vita contemplativa claustrale eremitica.
Nel monastero di Santo Spirito si trovavano altre due zie materne che erano preoccupate della sua salute e del suo futuro di nobildonna nell’alta società.
Margherita in seguito scriverà: “ ero tanto annoiata che non mi sarei fatta religiosa colà per tutto l’oro del mondo”. Intanto la sua vocazione carismatica acquistava più netti contorni, la sua preghiera interiore la compenetrava di fuoco, la sua psicologia di adolescente fragile, non ancora abituata alle divine operazioni, alla fine non poté resistere e si ammalò. Le suore, diceva: “non sapendo quel che passava in me, con replicate medicine mi rovinavano sempre più”. Solo Dio che l’aveva ferita, poteva guarirla.
Nel 1700 a soli tredici anni scriveva: “votai la mia verginità a Dio”. Fu allora assalita da tentazioni di ogni specie, furono anni terribili, si sentiva travolta.
Nel 1703, a sedici anni venivano fatti, dalla sua famiglia, progetti su di lei ed il Padre la promise sposa al figlio di un senatore della Serenissima. Leggeva romanzi e libri amorosi, “libri d’inferno”, come lei li chiamava, amò vestirsi con abiti più raffinati e pomposi. Ma un giorno, piangendo la sua sventura davanti al tabernacolo, ebbe una visione, ispirata dalla Madre di Dio, che avrebbe indossato il ruvido bigello delle cappuccine, senza nemmeno conoscerle.
Nel 1704 tornò a casa, dopo aver terminato la formazione nel monastero di Santo Spirito. Sentiva interiore ripulsa, eppure ripeté sempre di volersi fare suora cappuccina. Tutti la osteggiarono, ma Margherita appena quattro giorni dopo, era Natale, si presentò al monastero Santa Maria della Neve delle cappuccine dicendo: “Voglio farmi santa”. Le suore, come abitudine, le fecero trascorrere un periodo di prova nel collegio cittadino di Maggi, diretto dalle Orsoline, prima della vestizione.
A Pasqua il conte Leopardo le fece fare un viaggio di divertimento in varie città d’Italia. A Venezia un giovane si innamorò di lei e le chiese la mano, Margherita era pronta a cedere ma una domestica le consigliò di raccomandarsi al Signore “per avere luce”. Passò la notte in preghiera e al mattino era tutta risoluta di seguire la vocazione: “Sarei passata in mezzo alle lance per entrarvi, tanto era certa di fare la volontà di Dio”.
L’8 settembre 1705, dopo un corso di esercizi spirituali, ritornò a Brescia ed entrò nel Monastero della Cappuccine e dopo aver indossato il saio marrone assunse il nome di suor Maria Maddalena; il distacco dai suoi familiari sembrò alla sua natura sensibilissima come uno strappo mortale.
L’anno di noviziato fu una croce di prove e di aridità, tanto che nella prima relazione alla comunità Maria Maddalena fu giudicata inadatta alla vita cappuccina. In una successiva votazione le monache diedero all’unanimità voto favorevole e così l’8 settembre 1706 Maria Maddalena si consacrava definitivamente a Dio con la professione religiosa.
La sua vita claustrale che durò 32 anni potrebbe apparire monotona e di poco respiro se la sua vicenda interiore non fosse un grandioso panorama di spiritualità percepibili dai suoi scritti. Ella ricoprì tutti gli uffici: sguattera, cuciniera, facchina, ortolana, fornaia, spazzina, guardarobiera, lavandaia, laniera, calzolaia, cantiniera, sarta, cancelliera o segretaria, ricamatrice, aiuto in sagrestia e senza esser mai infermiera incaricata svolse spontaneamente servizi più vili e pesanti; inoltre fu maestra delle novizie, rotara, vicaria e abbadessa.
Nel 1708 durante un corso di esercizi spirituali dettati da un gesuita, le provocò timore della giustizia divina tanto da ammalarsi gravemente, solo dopo aver fatto una lunghissima confessione generale, interrotta da pianti, sperimentò il dono della perfetta riconciliazione e della plenaria assoluzione dei suoi peccati e insieme della guarigione. Il suo itinerario spirituale passò attraverso la preghiera affettiva alla contemplazione infusa.
Maria Maddalena scrive nell’autobiografia: “Seguitai il mio metodo di parlare con Dio, ma perché lo facevo con maggiore amore e con più diligenza, temendo di perdere un solo momento di tempo, così il Signore per sua infinita bontà mi corrispondeva internamente con parole dolcissime. E così dicendo, mettevo la testa in terra e subito il Signore dall’intimo del mio cuore mi rispondeva: Figlia cara, tu ami me, ma io sono comparazione amo più te. Se li dicevo: Signore, prendetevi il mio cuore ch’io non lo voglio più; Egli, aggradendo questa offerta, mi sembrava che, levandomi il cuore, mi vi ponesse il suo tutto fiamma d’amore; e io, non potendolo soffrire così acceso ed infuocato, venivo meno per l’ardore che soavemente mi consumava”.
Andava in estasi d’amore ed il fuoco del divino amore la consumava e per spegnere questo fuoco si affliggeva incredibili penitenze tenute nascoste a tutti.
Le sue mortificazioni sconcertanti, centinaia di aghi conficcati in tutte le parti del corpo, discipline, cilizi, incisioni, bruciature con maglie di ferro e fuoco e zolfo, senza dimenticare le notti mistiche e le interne misteriose azioni dello Spirito, tutto passò quasi nel segreto di una vita ordinaria. “Tutta la mia vita è uno sproposito. Soffro di non soffrire”.
È difficile esagerare il suo martirio sconcertante, ma le sofferenze corporali furono superate da quelle spirituali e morali:
– quattro suore l’avversarono fino alla morte;
– un confessore fece bruciare come eretici i suoi scritti,
– un vicario monastico le proibì di parlare di cose spirituali alle sue ex novizie.
Tutto sopportò e diceva: “Nelle cose più ardue bisogna operare all’eroica”.
Maria Maddalena fu letteralmente consumata dall’amore divino.
Nel 1737 rinunciò al ministero di abbadessa ed il suo corpo era ormai sfinito. Soggetta a prolungati svenimenti le consorelle poterono constatare, nel suo corpo martirizzato, i segni delle sue tremende penitenze e delle stimmate di diversi tormenti della passione del Signore.
Il tramonto fu rapido e sereno, gioì quando seppe che la fine era imminente ed alle consorelle che piangevano, con tenerezza materna, donava le more che aveva in un piccolo canestro. Pregava con versetti biblici, poi la si udì sussurrare: “Vengo, vengo, Signore!”
Serenamente spirò, era il 27 luglio 1737, stava per compiere 32 anni di vita religiosa e 50 anni di età.
Fu dichiarata Beata da Leone XIII il 3 giugno 1900.
L’esperienza spirituale della Beata Maria Maddalena Martinengo resta fissata nei numerosi manoscritti autografi incominciati per obbedienza:
- L’Autobiografia;
- Commento alle Massime Spirituali di fra Giovanni di San Sansone;
- Relazioni ai suoi Direttori Spirituali.
Continuali per la pressione delle sue novizie:
- Avvertimenti spirituali;
- Spiegazione delle costituzioni cappuccine;
- Trattato sull’umiltà.
Impulso interiore:
- I Dialoghi mistici.
Bibliografia:
- Guido Pettinati, I Santi canonizzati del giorno, vol. VII, Edizioni Segno, Udine 1991, pp. 284–289.
- Fra Andrea Cassinelli, Beata Maria Maddalena Martinengo, Mistica Cappuccina, Editrice Velar, Gorle (BG) 2011.
- Beata Maria Maddalena Martinengo, Trattato dell’Umiltà ovvero Le belle prerogative di un’Anima Umile, traduzione in lingua corrente di fra Andrea Cassinelli, Editrice velar, Gorle(BG) 2017.