Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto.
PRIMA LETTURA: (Gal 6,14-16)
Il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
SALMO: (Sal 148)
Con la mia vita, Signore, canto la tua lode.
Gv 15,1-8
Per Gesù l’amore non è un a scelta fra tante, ma il riflesso dell’essenza divina, che è origine e fonte della vita e delle nostre potenzialità. Proprio l’immagine divina emerge dal vangelo a svelare la dimensione, i confini e le motivazioni di questo amore. Il Dio di Gesù non è un padre-padrone, non è un tiranno, magari generosissimo con i suoi, ma spietato con chi va fuori dalle righe. È tutt’altra cosa: è un genitore forte ma tenero, esigente ma affettuoso, che si pone al servizio dei figli, che vuole aiutarli a crescere, a diventare uomini e donne in pienezza, capaci di somigliargli e di collaborare attivamente a coltivare vita e amore.
“Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci.”
Siamo un tralcio, Signore, siamo un piccolo tralcio, ma uniti a te che sei la vita, possiamo portare molto frutto. Insieme a te possiamo fare cose grandi, perché tu lo hai promesso. Aiutaci a non staccarci dalla radice che sei tu, che ci hai generato e ci doni nutrimento e vitalità.
Uniti a te, come alla vite, possiamo assaporare il gusto della vita, sperimentare la sua preziosità e godere la sua ricchezza. Aiutaci, però ad accogliere le potature che il divino agricoltore desidera cogliere, attraverso eventi e situazioni. nella nostra vita, affinché il frutto possa essere abbondante e succulenti grappoli d’uva possano arricchire la nostra tavola. Il dolore di ogni potatura avrà, così, un senso e se qualche lacrima di dolore righerà il nostro volto, sarà per la tua gloria.