Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli.

PRIMA LETTURA: Ger 31,31-34

Concluderò un’alleanza nuova e non ricorderò più il peccato.

SALMO: (Sal 50)

Crea in me, o Dio, un cuore puro.

«In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Mt 16,13-23

Il vangelo di oggi mette alla prova l’autenticità del cammino di fede di ognuno di noi, con la domanda a cui anche gli apostoli dovettero rispondere: “Ma voi, chi dite che io sia?”.

Quel “ma”, prima della domanda, sembra distinguere gli apostoli, e noi con loro, da tutti gli altri, come se sapessero staccarsi dal pensiero dominante, come se fossero capaci di non parlare per sentito dire. Gesù non chiede “Cosa avete imparato da me?”, ma “Chi sono io per voi”. Ci chiede una risposta personale.

La risposta ci può sembrare facile e immediata, come per Pietro, alla luce di tutto quello che sappiamo oggi di Gesù. Poi va messa alla prova della vita, come ci ricorda anche la parabola del seminatore.

Pietro ci accompagna, interpretando molti dei nostri sentimenti e atteggiamenti. Entusiasmo e delusione, coraggio e ipocrisia, fedeltà e tradimento si mescolano tra loro nella vita ordinaria di ogni giorno, ricordandoci di non smettere mai di cercare, di mettere Gesù al centro: la persona autentica di Gesù, non la finta rappresentazione che a volte in noi adoriamo.

La verità di Gesù non è ciò che diciamo di Lui, ma quanto di Lui arde nel nostro cuore e scalda la nostra vita. Anche attraverso la sofferenza e il dolore.

Gesù proclama Pietro beato per la sua saggia dichiarazione di fede: «Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli» (Mt 16,16-17).

Con questo encomio Gesù preannuncia a Pietro il primato nella sua Chiesa; ma poco dopo lo rimprovera per aver manifestato un’idea troppo umana ed erronea del Messia: «Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”» (Mt 16,22-23).

Pietro rifiuta l’idea che il Messia, il Figlio di Dio, possa morire, rifiuta l’idea che si possa stare accanto alla sofferenza; vorrebbe che Gesù evitasse il dolore, e lo risparmiasse anche ai discepoli. Gesù rimprovera Pietro per la sua idea di un Messia potente e salvifico, ma lontano dall’esperienza umana. Davvero non si può pensare di avere una vita esente dal dolore. Si deve però imparare ad amministrarlo come un’occasione di amore.

Bisogna ringraziare gli evangelisti per averci presentato i primi discepoli di Gesù così come erano: non come personaggi idealizzati, ma come persone in carne ed ossa, come noi, con le loro virtù e i loro difetti; questa circostanza li avvicina a noi e ci aiuta a capire che la perfezione nella vita cristiana è una strada che tutti dobbiamo percorrere, poiché nessuno nasce saggio.

Visto che conosciamo già la storia accettiamo che Gesù Cristo sia stato il Messia sofferente profetizzato da Isaia e che abbia offerto la sua vita sulla croce. Quello che ci è più difficile da accettare è che noi dobbiamo continuare a far conoscere la sua opera attraverso lo stesso cammino di servizio, rinuncia e sacrificio. Immersi come siamo in una società che promuove il rapido successo, imparare senza sforzo e in modo divertente ed ottenere il massimo profitto con il minimo sforzo, è facile che finiamo col vedere le cose più come uomini che come Dio. Una volta ricevuto lo Spirito Santo, Pietro apprese la via del sentiero dove procedere e visse nella speranza. «Le tribolazioni del mondo sono piene di tristezza e vuote di premio; però quelle che si soffrono per Dio si mitigano con la speranza di un premio eterno» (San Efrem).