Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.
Vi darò un cuore nuovo. Porrò il mio spirito dentro di voi.
SALMO: (Sal 50)
Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati.
Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire.
Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze.
Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.
Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì.
Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Matteo 22,1-14.
Oggi, la parabola evangelica ci parla del banchetto del Regno. È una figura usata frequentemente nella predicazione di Gesù. Si tratta della festa di nozze che accadrà alla fine dei tempi e costituirà l’unione di Gesù con la sua Chiesa. Questa è la sposa di Cristo che cammina nel mondo, ma che si unirà alla fine col suo Amato per sempre. Dio Padre ha preparato questa festa e vuole che vi partecipino tutti gli uomini. Perciò dice a tutti: «Venite alle nozze» (Mt 22,4).
La parabola, tuttavia, ha uno sviluppo tragico, «Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari…» (Mt 22,5). Perciò la misericordia di Dio va dirigendosi a persone sempre più lontane. È come un fidanzato che va a sposarsi ed invita i suoi familiari ed amici, ma questi rifiutano di andarci; invita poi conoscenti e compagni di lavoro e vicini di casa, ma interpongono scuse; infine si dirige a chiunque trova per strada, perché ha preparato un banchetto e vuole che ci siano invitati a tavola. Un Qualcosa del genere capita a Dio.
Ma i diversi personaggi che compaiono nella parabola, possono anche essere l’immagine delle condizioni della nostra anima. Per la grazia battesimale siamo amici di Dio e coeredi con Cristo: abbiamo un posto riservato nel banchetto. Se dimentichiamo la nostra condizione di figli, Dio passa a trattarci come conoscenti e continua ad invitarci. Se lasciamo morire in noi la grazia, diventiamo gente della strada, passanti senza importanza nelle cose del Regno. Ma Dio continua a chiamare.
La chiamata può arrivare in qualsiasi momento. È per invito. Nessuno ne ha diritto. È Dio che ci dice: «Venite alle nozze!». E l’invito va accolto con le parole ed i fatti. Perciò quell’invitato venne scacciato: «Come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale?» (Mt 22,12).
Due sono gli aspetti che ci ritornano in mente pregando sul Vangelo odierno (Mt 22,1-14):
- Dio per noi ha preparato qualcosa di speciale da cui non esclude nessuno;
- È necessario l’abito nuziale. Ma cosa significa tutto questo nella vita di ogni giorno?
Il primo aspetto ci chiede di far crescere e far maturare questa consapevolezza in noi. Sapere infatti che tutta la nostra esistenza non è abbandonata a sé stessa, che c’è qualcosa che aspetta anche noi, che c’è qualcuno che si fida di noi e ci ama al punto da offrirci gratuitamente tutto il meglio che ha… beh questo ci rende diversi ogni giorno. Ci fa sentire amati. E chi si sente amato, vive con il cuore pieno, colmo d’amore, più predisposto ad amare.
Il secondo aspetto, per quanto più duro, non ci sembra sinceramente il rovescio della medaglia. No! Crediamo sia semplicemente la sua più diretta conseguenza: se ci sentiamo chiamati, rispondiamo; se qualcuno ci invita, facciamo in modo di andarci e bene; se ci aprono le porte di una casa, noi ci entriamo pulendoci le scarpe; se ci invitano a una festa di compleanno, ci andiamo portando un regalo…
Come dire: quell’abito nuziale che il re si sarebbe aspettato (Mt 22,11) non è null’altro che l’atteggiamento con cui rispondiamo a Dio. Perché è vero, fare la sua volontà sarà forse il desiderio e la convinzione di ogni cristiano, ma farlo davvero è tutta un’altra storia. Al banchetto, come in Chiesa, vivendo i sacramenti o un atto di carità, frequentando un gruppo o un vivendo un momento di preghiera, possiamo andarci in molti modi. Ma sarà proprio quel «come» a fare la differenza.
Per noi indubbiamente ci sono porte sempre aperte. Ma per Dio c’è un cuore sempre aperto? E un sì attento, generoso e pronto?