Chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.

PRIMA LETTURA: Dt 30,15-20

Io pongo oggi davanti a te la benedizione e la maledizione.

SALMO: (Sal 1)

Beato l’uomo che confida nel Signore.

«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Lc 9,22-25

Oggi, è il primo giovedì di Quaresima. Abbiamo ancora fresche le ceneri che la Chiesa ci poneva ieri sulla fronte, e che ci introducevano in questo tempo santo, che è un percorso di quaranta giorni. Gesù, nel Vangelo ci indica due rotte: la “Via crucis” che Lui ha percorso, ed il nostro cammino, seguendo Lui.

Il Suo sentiero è il “Cammino della croce” e della morte, ma anche quello della Sua glorificazione: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, (…) venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Lc 9,22). Il nostro sentiero, essenzialmente, non è differente da quello di Gesù, e ci indica qual è il modo di seguirLo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me…» (Lc 9,23).

Abbracciato alla Sua Croce, Gesù seguiva la volontà del Padre, noi, caricando la nostra sulle spalle, lo accompagniamo nella Sua “Via Crucis”.

Il cammino di Gesù, viene sintetizzato in tre parole: sofferenza, morte, risurrezione. Il nostro sentiero, viene anch’esso costituito da tre aspetti (due atteggiamenti e l’essenza della vocazione cristiana): negare noi stessi, prendere ogni giorno la croce e accompagnare Gesù.

Se qualcuno non nega sé stesso e non prende la croce, vuole riaffermarsi ed essere sé stesso, vuole «salvare la sua vita», come dice Gesù. Ma, volendo salvarla, la perderà. Invece, chi cerca di non evitare la sofferenza e la croce, per Gesù, salverà la sua vita. È il paradosso di seguire Gesù: «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina sé stesso?» (Lc 9,25).

Il Signore non ci chiede di cercare la sofferenza o di accoglierla senza combattere. Gesù non ha amato la croce, né l’ha cercata e ne avrebbe anche fatto a meno. Ma, ad un certo punto, quella croce è stata l’unico strumento che ancora aveva per ridire senza ambiguità, senza tentennamenti, senza ombra di dubbio ciò che egli voleva dire. La croce è diventata, allora, l’unico modo per il Signore di manifestare l’amore per il Padre e per gli uomini. Quell’amore siamo chiamati ad imitare, quell’amore siamo chiamati a cercare e a donare anche se fa male, anche se non riusciamo, a costo di perdere la vita. Proprio perché la vita piena, la vita vera, la vita dell’Eterno vale la pena di essere vissuta fino in fondo. Seguire un vincente è fin troppo facile. Stare dietro a qualcuno che è rifiutato diventa più complesso.

Gesù dice con chiarezza che il suo destino umano non è il successo, bensì il rifiuto. Le scelte a cui ci spinge Gesù sono scelte controcorrente. Molto spesso vivere secondo il vangelo significa essere rifiutati dalla mentalità del mondo. A nessuno piace essere messo fuori dal coro. A nessuno piace sentirsi isolato rispetto alla massa. Eppure arriva un tempo in cui dobbiamo domandarci se siamo disposti a seguire Gesù fino all’estreme conseguenze. Se qualcuno vuole andare dietro a Gesù deve imparare a dire di no a sé stesso, deve smettere di lamentarsi della propria vita e deve scegliere di prendersene la responsabilità.

Tutti coloro che si agitano per auto-salvarsi alla fine affogano prima; coloro invece che si affidano al Signore accettando di lasciarsi salvare alla fine rimangono a galla. A che serve continuare a vivere la propria vita in maniera compulsiva non accorgendoci che non è il possesso a farci vivere ma bensì il sentirci di Qualcuno? Ecco allora come il vangelo di oggi ci indica un percorso preciso: non avere paura di tirare le estreme conseguenze della nostra sequela a Cristo; comportarci da persone libere e non più da vittime in cerca di colpevoli; lasciarsi salvare; rinunciare al possesso delle cose per riscoprire un’appartenenza che ci salva.

Questa parola del Signore che chiude il Vangelo di oggi, scosse il cuore di San Ignazio e ne provocò la sua conversione: «Che succederebbe se io facessi quello che fece san Francesco e quello che fece san Domenico?». Voglia il Cielo che, in questa Quaresima, la stessa parola aiuti a convertire anche noi!