Rabbunì, che io veda di nuovo!

PRIMA LETTURA: Sir 42,15-26 (NV) [gr.42,15-25]

Della gloria del Signore sono piene le sue opere.

SALMO: (Sal 32)

Dalla parola del Signore furono fatti i cieli.

«In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».

Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».

Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.

Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada».

Mc 10,46-52

Oggi, Cristo esce a trovarci. Tutti siamo Bartimeo: quel cieco vicino al quale passò Gesù e saltò gridando fino che le prestasse attenzione. Forse abbiamo un nome un po’ più gradevole… però la nostra debolezza umana (morale) assomiglia la cecità che soffriva il nostro protagonista. Neanche noi raggiungiamo a vedere che Cristo vive nei nostri fratelli e sorelle e, così, li trattiamo come li trattiamo. Forse non arriviamo a vedere nelle ingiustizie sociali, nelle strutture di peccato, una chiamata offensiva ai nostri occhi per un impegno sociale. Chissà non intravediamo che «c’è più felicità nel dare che nel ricevere», che «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13). Vediamo nuvoloso quello che è nitido: che le illusioni del mondo portano alla delusione, e che i paradossi del Vangelo, dopo le difficoltà, procurano frutto, realizzazione e vita. Siamo veramente non vedenti, ma non eufemisticamente, ma in realtà: nostra volontà indebolita per il peccato eclissa la verità nella nostra intelligenza e scegliamo quello che non ci conviene.

Dalla richiesta dei due fratelli, e la conseguente indignazione degli altri compagni di cammino, Gesù coglie l’occasione per offrire un insegnamento. Spiega che la gloria verso la quale sta andando non deve essere confusa con quella ricercata dai governanti e dai potenti di questo mondo, ma è di tutt’altra natura. Gesù è venuto non per farsi servire ma per servire e dare la vita. Dunque, il potere che sta per ricevere si tradurrà nel dare la vita, non nell’assegnare posti di governo.

Gesù ascolta tutti coloro che si rivolgono a lui, siano essi vicini o lontani, conoscenti o estranei. Si fa attento alla supplica dei due discepoli Giacomo e Giovanni e di Bartimeo allo stesso modo: «Cosa vuoi che io faccia per te?». L’evangelista sembra mettere in parallelo la preghiera dei due fratelli e quella del cieco. I primi sono in cammino con Gesù e lo stanno seguendo verso Gerusalemme, il secondo è fermo lungo la strada a mendicare. I due apostoli hanno ascoltato l’annuncio del vangelo dalla bocca del Maestro mentre il cieco ha sentito la voce della folla che annunciava la presenza di Gesù Nazareno.

Giacomo e Giovanni si avvicinano a Gesù per chiedergli un favore, Bartimeo grida e invoca pietà da Gesù, il figlio di Davide. La preghiera del cieco mendicante rivela che nel suo cuore splende la luce della fede. Anche se immerso nelle tenebre egli sa ben distinguere tra coloro a cui chiedere l’elemosina e Colui dal quale implorare la misericordia. Bartimeo non elemosina favori ma invoca l’aiuto di Gesù per recuperare la vista e la vita. La fede di quest’uomo è lucida e coraggiosa al punto che sa «vedere» oltre il rimprovero di chi, dopo avergli fatto conoscere Gesù, non lo comprende e vorrebbe metterlo a tacere.

Anche Gesù, raggiunto dalla preghiera del cieco, fa sentire la sua voce rivolta a coloro che lo seguivano i quali, obbedendogli, da ostacolo diventano facilitatori dell’incontro con lui. Bartimeo non desidera aggiungere qualcosa alla sua vita, ma cambiarla, convertirla. La fede ha sostenuto la speranza del cieco contro ogni speranza e l’ha condotto all’incontro con lui grazie al quale ha recuperato nuovamente la vista. Con essa ha anche ricevuto una vita nuova che ha messo a servizio di Gesù seguendolo sulla via della croce che conduce alla gloria.

Soluzione: gridare, vuol dire, umilmente pregare «Figlio di Davide, abbi pietà di me!» (Mc 10,48). E gridare in più quanto più ti rimproverino, ti scoraggino o tu ti scoraggi: «Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte…» (Mc 10,48). Gridare che è anche chiedere: «Rabbunì, che io veda» (cf. Mc 10,51). Soluzione: dare, come lui, un salto nella fede, credere più in là delle nostre certezze, fidarsi di chi ci amò, ci creò, ed è venuto a redimerci e restò con noi, nell’Eucaristia.

Il Papa Giovanni Paolo II ce lo diceva con la sua vita: le sue lunghe ore di meditazione –tante che il suo Segretario diceva che pregava “troppo” – ci dicono chiaramente che «quello che prega cambia la storia»