Chiunque chiede, riceve.
PRIMA LETTURA: Est 4,17k-u
Non ho altro soccorso fuori di te, o Signore.
SALMO (SAL 137)
Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.
“In quel tempo,
Gesù disse ai suoi discepoli:
«Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché
chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.
Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede
un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare
cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà
cose buone a quelli che gliele chiedono!
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro:
questa infatti è la Legge e i Profeti». ”
“Chiedete e vi sarà dato” (Mt 7,7).
Questo insegnamento non suggerisce di essere figli capricciosi e pretenziosi, l’autentica preghiera non può essere inquinata da pretese egoistiche. Questa formula, espressa in maniera assoluta, c’insegna piuttosto a pregare con sconfinata fiducia nella bontà di Dio.
“Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!” (7,11).
Queste parole rimandano alla preghiera del Pater (Mt 6,9-13).
Gesù insegna a chiamare Dio “nostro Padre” e a presentare ogni giorno a Lui le nostre necessità.
Non si tratta di “convincere” il Padre ma di manifestare ogni volta la coscienza di essere figli. Chiedere a Dio qualcosa significa riconoscere che è Lui la fonte della vita, l’origine di ogni bene.
Il primo beneficio della preghiera è proprio questo ritornare a Lui, questo accorgersi che senza di Lui non possiamo affrontare vittoriosamente le vicende della vita.
La preghiera esprime e matura uno stile di vita. Dio ci conosce e ci ama. Per questo, con la stessa fiducia con cui presentiamo la nostra domanda, accogliamo la sua volontà, anche quando differisce dalle nostre attese.
“Sia fatta la tua volontà” (Mt 6,10): nella luce e nella cornice di questa invocazione trovano spazio tutte le altre intenzioni.
A volte il buon Dio non esaudisce la nostra preghiera ma non per questo diventa meno buono: non possiamo misurare la bontà di Dio! Accogliere la sua volontà non è un gesto rassegnato ma il segno di una fede che ancora una volta si consegna a Dio, senza pretendere di capire tutto e sapendo che egli sa guardare più lontano.
La preghiera deve rimanere un’umile invocazione, ogni forma di pretesa inquina la preghiera. Pretendere di essere esauditi significa mettere se stessi al centro, misurare la vita con le esigenze dell’io.
La vera preghiera, invece, aiuta il credente a stare dinanzi a Dio facendo dell’abbandono fiducioso il cuore della fede. È questa la via percorsa dai santi. Ed è questa la grazia che oggi chiediamo.