Vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza.
PRIMA LETTURA: Es 32,7-14
Desisti dall’ardore della tua ira.
SALMO (SAL 105)
Ricòrdati di noi, Signore, per amore del tuo popolo.
“In quel tempo,
Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe
vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che
egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla
verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché
siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un
momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il
Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo,
testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non
avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua
parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha
mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono
proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per
avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di
Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro
venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che
ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene
dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa:
Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè,
credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi
scritti, come potrete credere alle mie parole?».”
Il Vangelo odierno ci presenta il dialogo aspro e contraddittorio che Gesù ha con alcuni giudei a proposito della sua divinità.
Gesù afferma con forza e con passione che egli ha motivo di essere creduto. Dalla sua parte, oltre le opere, che sta compiendo, ha anche la testimonianza di Giovanni Battista.
E’ chiaro che essi dovrebbero credere… eppure rimane la realtà misteriosa della loro incredulità.
Io – dice – ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni, le opere stesse che il Padre mi ha dato da compiere, le sto facendo e testimoniano di me; ma voi non avete mai udito la sua voce e non avete la sua Parola che dimora in voi, perché non credete a Colui che egli ha mandato.
Ogni nostro male viene dal non riconoscere la nostra vera identità di figli.
In pratica vogliamo essere pienamente autonomi, padri, di noi stessi, del nostro esistere.
Questi giudei, custodi della santità di Dio, non “hanno la parola di Dio che dimora in loro”. Eppure “Voi scrutate le Scritture, credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, che danno testimonianza di me”.
Il rifiuto che gli avversari gli oppongono, viene dal fatto che non hanno accolto la rivelazione delle Scritture alle quali, pur si appellano.
Infatti chi non ha in sé l’amore di Dio non capisce le Scritture che parlano dell’amore tra il Padre e il Figlio, comunicato agli uomini. Queste parole di Gesù fanno venire alla luce le nostre non poche resistenze.
All’origine della nostra incredulità religiosa, c’è il male radicato nell’uomo, che cerca la gloria dagli altri o dalle cose, i nuovi idoli, invece che da Dio. Non si può credere in Dio e affidarsi al suo amore di Padre, cercando in sé o in altri la propria identità. Gesù non accusa nessuno: resta sempre la porta aperta per il ritorno di chiunque.
E’ la stessa legge, alla quale si appellano i suoi oppositori, che li accusa per la loro incredulità, perché, pur leggendo Mosè, non accettano Cristo.