Io sono mite e umile di cuore.
PRIMA LETTURA: Is 26,7-9.12.16-19
Svegliatevi ed esultate voi che giacete nella polvere.
SALMO: (Sal 101)
Il Signore dal cielo ha guardato la terra.
Oppure:
Il popolo che hai creato, benedice il tuo nome.
«In quel tempo, Gesù disse:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Mt 11,28-30
“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi” (11,28).
La breve esortazione evangelica è declinata con tre verbi, tutti all’imperativo, che descrivono un progressivo cammino di fede: venite, prendete, imparate.
Il primo verbo indica la sequela; il secondo invita ad accogliere la Parola; il terzo chiede di vivere nel solco dell’insegnamento ricevuto.
Possiamo notare un progressivo cammino di fede. Gesù si rivolge ai piccoli (11,25), cioè a coloro che si lasciano illuminare, interpellare e provocare da Dio. I sapienti e i dotti, quelli che pensano di sapere tutto, sono chiusi alla luce.
Vediamo ora i singoli verbi.
“Venite a me”: si mettono in cammino quelli che non pensano di bastare a sé stessi, sentono il bisogno di una parola nuova e sono perciò disposti ad accogliere le provocazioni di Dio. È importante sottolineare il pronome personale perché indica con precisione la direzione di marcia. Non basta darsi da fare, Gesù chiede di andare presso di Lui. Il venire è la premessa per costruire una relazione. A pensarci bene, è questo l’annuncio che la Chiesa dovrebbe sempre annunciare.
“Prendete il mio giogo” (11,29): nella tradizione biblica questo vocabolo fa riferimento alla Legge che ci fa entrare e restare in comunione con Dio. In questo caso dobbiamo fare attenzione all’aggettivo: Gesù invita a prendere il suo giogo, chiede cioè di ascoltare e accogliete la sua parola. La legge antica lascia il posto al Vangelo. Chi accoglie il giogo di Gesù entra in comunione con Lui. Il venire diventa così un restare.
C’è un terzo passo da fare: “Imparate da me” (11,29). Anche in questo caso il pronome diventa decisivo. La Legge che Gesù propone non è fatta di nuovi precetti ma è riassunta nella sua vita. Non è solo un Maestro ma un testimone. Il profeta di Nazaret insegna, vivendo. La sua vita e le sue scelte disegnano il nostro orizzonte esistenziale, diventano il criterio ordinario del nostro quotidiano discernimento. Non è un cammino facile.
Alla Vergine del Carmelo, che ci guida per i sentieri ripidi che conducono alla santa montagna, chiediamo la grazia di perseverare nelle difficoltà.